«è stato peggio di quanto avessimo ipotizzato ma è durato meno di quanto temessimo». Rosario Messina, presidente di Cosmit, la società che organizza Milano Design Week, lancia un messaggio di moderato ottimismo ai 1.600 espositori riuniti in Fiera a Milano (fino al 19 aprile) per la più importante manifestazione internazionale del mobile e arredo. Il 2003 non è stato un anno facile: la congiuntura negativa e poi il calo consistente delle esportazioni (-7 per cento rispetto all'anno precedente) per un settore fiore all'occhiello del «made in Italy» nel mondo (l'86 per cento delle vendite è all'estero), hanno costretto molte imprese a lasciar invariati i listini pur di non perdere quote di mercato. «I primi dieci mesi del 2003, spiega Messina, hanno confermato il momento pessimo. In Germania la crisi economica non ha dato tregua mentre negli Stati Uniti il deprezzamento del dollaro, unito a un basso livello di fiducia dei consumatori, hanno penalizzato le vendite dopo diversi anni di crescita. Ma a partire dall'ultimo trimestre 2003, le previsioni per il 2004 fanno segnare una svolta sia nei dati sia nel clima di fiducia delle imprese».
Sono i grossi marchi che hanno puntato tutto sull'artigianalità e sullo stile, a essere interessati da un fenomeno nuovo. L'ingresso di potenti finanziarie, così come si è verificato nella moda, sta cambiando la realtà societaria di imprese come Cassina, B&B, Cappellini e anche se non è lombarda Poltrona Frau. I motivi sono diversi ma l'arrivo di capitali freschi nelle casse risponde a un'esigenza comune, quella di rafforzare le proprie dimensioni per assicurarsi nel tempo una leadership internazionale non facile da mantenere in un mercato saturo che non cerca più status symbol ma prodotti di autogratificazione.
Cassina, l'azienda milanese nota in tutto il mondo anche per avere acquisito i diritti di maestri moderni come Le Corbusier e Rietveld, dopo diverse transazioni, è oggi di proprietà del gruppo Fimalac, la holding company francese quotata in Borsa che investe su aziende leader nei loro Paesi. «Noi siamo soci di minoranza, spiega Umberto Cassina, vicepresidente dell'omonima azienda, ma non c'è alcuna interferenza da parte dei francesi. Sarebbe sbagliato non dare credito alle persone e cambiare i valori che hanno portato un'azienda al successo. La nostra è un'impresa solida ma non potevamo rifiutare l'offerta di Fimalac, anche perché ci risolveva il problema dell'uscita di un vecchio socio».
Estratto da Corriere della Sera del 16/04/04 a cura di Pambianconews