Il 2003 è stato l'annus horribilis per il sistema moda ed in particolare per i prodotti di fascia alta. Seppure con storie tra loro molto diverse, le trimestrali di alcuni dei più noti nomi della moda made in Italy mostrano un quadro a tinte fosche, ma anche segnali di miglioramento. Colpiti dalla guerra in Iraq prima e dalla Sars dopo, i bilanci 2003 dei grandi marchi del lusso hanno dovuto fare i conti anche con il supereuro, che ha di fatto reso meno competitivi i prezzi dei loro vestiti ed accessori al di fuori del mercato europeo. «I risultati del settore, dice l'analista di una primaria sim che preferisce restare anonimo, sono decisamente deboli, con ricavi molto lontani dai livelli del 2002 e una diffusa diminuzione dei margini. In alcuni casi, poi, i conti hanno risentito di scelte aziendali del passato, che si sono rivelate sbagliate».
Ecco cosa dicono gli ultimi bilanci. Cominciamo da Gucci, con Domenico De Sole al timone ancora per poco, fino alla fine del mese. Il terzo più grande gruppo internazionale del lusso ha archiviato il quarto trimestre con segnali positivi: un utile netto in crescita del 2% a 97,3 milioni di euro (95,4 milioni nello stesso periodo 2002) e ricavi per 741 7 milioni, in progresso del 3,8% sullo stesso periodo dell'anno precedente, a cambi correnti. L'ultimo trimestre, quindi, per quanto inferiore alle stime del mercato, mette in evidenza percentuali di crescita migliorative rispetto all'intero esercizio 2003 (chiuso a fine gennaio). L'anno scorso è stato archiviato con ricavi pari a 2,58 miliardi (+1,7%) e un utile netto in calo del 23,2% a 174,2 milioni, sempre a cambi correnti.
Se per Gucci le cose stanno progressivamente volgendo al bello, anche Diego Della Valle, presidente del gruppo Tod's, vede all'orizzonte i primi segnali di schiarita «confermati, spiega dal buon andamento delle vendite di questa prima parte dell'anno». II gruppo marchigiano, che lo scorso anno ha messo in atto un massiccio piano di investimenti, focalizzato soprattutto sullo sviluppo della rete distributiva (sono stati aperti 24 nuovi punti vendita), ha chiuso il bilancio 2003 con un utile netto in calo del 28,2% a 25,75 milioni, e un margine del 6,9% (10% nel 2002). A pesare sulla redditività ha contribuito anche il maggior onere del costo del lavoro, salito al 16,2% dei ricavi rispetto al 14,3% del 2002.
Nessuna distribuzione di dividendo per gli azionisti di It Holding, che ha comunicato il perfezionamento del riacquisto di obbligazioni per un valore nominale di 25 milioni del bond Ferrè in scadenza a maggio 2005. Il gruppo guidato da Tonino Perna, che vede indicazioni positive in queste prime settimane del 2004, si è lasciato alle spalle un anno in rosso con una perdita di gruppo pari a 72,8 milioni di euro (contro l'utile 2002 di 5,1 milioni) influenzato da svalutazioni su marchi minori e per immobilizzazioni immateriali per 56,5 milioni di euro. Nel complesso, gli ammortamenti consolidati sono stati pari a 104,3 milioni, senza i quali il risultato netto si sarebbe attestato a 31,5 milioni.
Estratto da Affari & Finanza del 5/04/04 a cura di Pambianconews