E' un bilancio di pulizia quello che il consiglio di amministrazione di Finpart ha varato la scorsa settimana e che riflette la preoccupazione e la pressione esercitata dalla Consob. Un documento che per la prima volta ammette in modo preciso la grande tensione finanziaria cui è sottoposto ormai da tempo questo gruppo della moda (è nella «lista nera» delle società quotate non avendo ottenuto la certificazione dei revisori), e che ha condizionato l'espansione del suo marchio più importante, Cerruti.
Finpart dovrà abbattere il capitale. L'esercizio 2003, infatti, si è chiuso con una perdita consolidata di 143 milioni di euro (più del doppio dell'anno precedente), su un fatturato di 404,3 milioni; tutte le società operative sono in perdita e il patrimonio netto è negativo per 16 milioni di euro. A luglio scadranno il famoso bond di 200 milioni di Cerruti e la terza tranche (11,5 milioni di euro) di un altro bond emesso nel '98. Le banche si sono fatte sentire e hanno chiesto il rientro di linee di credito ordinarie, appesantendo ulteriormente la situazione.
In questo quadro fosco sono stati deliberati lo scorso anno 4,6 milioni di euro per gli amministratori (5,2 nel 2002), di cui 2 milioni per l'amministratore delegato Gianluigi Facchini ed ex azionista di riferimento e 1,6 milioni (tra emolumenti e bonus) all'ex amministratore delegato Storer. Nella relazione il neopresidente Gianni Mazzola, da dicembre azionista di riferimento di Finpart, scrive che il bilancio è stato redatto nel presupposto della continuità aziendale e che la società tornerà ad avere un «ruolo di holding finanziaria e di gestore di partecipazioni e di marchi in luogo del ruolo svolto di holding industriale».
Estratto da CorrierEconomia del 5/04/04 a cura di Pambianconews