Viene prima la marca o lo stilista? Conta di più il talento creativo o il management e le risorse finanziarie per garantire forti investimenti in marketing, in pubblicità e aperture di nuovi negozi in un mondo sempre più competitivo? Il caso Gucci riapre la questione nel momento in cui moda e lusso si lasciano alle spalle uno degli anni più difficili, segnato dalla guerra in Iraq, dalla Sars in Asia e dal super euro, che in una cornice di rallentamento dell'economia globale hanno contribuito a penalizzare vendite e margini di tutte le griffe, chi più chi meno. Le indiscrezioni si rincorrono da settimane: il gruppo Ppr di François Pinault, azionista di controllo della maison fiorentina, avrebbe deciso di sostituire Tom Ford alla direzione creativa di Gucci con un trio di giovani designer sconosciuti, scelti all'interno della sua squadra.
Mentre per Yves Saint Laurent (Ysl), il marchio francese acquisito nel '99 sempre disegnato da Ford, sarebbe «promosso» Stefano Pilati, ex stilista di Prada, dove ha lavorato per la seconda linea Miu Miu, oggi design director di Ysl e braccio destro di Ford. In verità, in prima battuta, Ppr avrebbe chiesto ad Alexandre McQueen di prendere il timone artistico di Gucci. Ma il bad boy inglese avrebbe declinato l'offerta per concentrarsi sul proprio marchio, che fa parte della scuderia Gucci. Dal quartier generale di Ppr, che stamattina a Parigi presenta i conti del 2003, non commentano, precisando che «non ci sarà nessun annuncio fino all'ultima sfilata di Ford per Ysl, domenica sera».
Altri talenti della casa si stanno costruendo una reputazione. Ad esempio il tedesco Tomas Maier, direttore creativo di Bottega Veneta. O Nicholas Ghesquière, arrivato come apprendista, oggi direttore creativo di Balenciaga. Ma è successo anche a Alexandre McQueen, un inglese di 34 anni che è stato «scoperto» e lanciato nel firmamento della moda da Lvmh, disegnando la haute couture di Givenchy. «Il marchio è l'asset principale di un'azienda», sostiene Rita Clifton, presidente di Interbrand. Serge Weinberg, numero uno di Ppr, ha dichiarato in passato di essere «d'accordo», finché al marchio restano associati «prodotti di alta qualità».
Certo, la decisione in questo caso è delicata, perché bisogna riempire anche la casella di amministratore delegato del gruppo, finora occupata da De Sole, in partenza a fine aprile con Ford. Weinberg punterebbe ancora su una scelta interna, un manager di fiducia del gruppo Ppr, mentre potrebbe crescere il ruolo di Giacomo Santucci, attuale amministratore delegato della divisione Gucci. In fondo è successo ieri con la nomina, dal 1 maggio, del nuovo direttore finanziario al posto di Robert Singer. Sarà Alexis Babeau, che arriva da Finaref, società del gruppo Ppr, di recente ceduta al Crédit Agricole. Per Gucci è un'epoca che finisce. Nel nuovo modello di business lo stilista gioca un ruolo di secondo piano, meno glamourous e sotto lo stretto controllo dell'azionista.
Estratto da Corriere della Sera del 4/03/04 a cura di Pambianconews