MFF ha intervistato in esclusiva Patrizio Bertelli, amministratore delegato del gruppo Prada, sui progetti in cantiere per il 2004.
Molti imprenditori del tessile-abbigliamento vedono la Cina come una minaccia alla vigilia dell'abbattimento delle tariffe doganali e delle quote d'importazione.
La Cina è un problema, ma tutto è un problema. E compito dell'imprenditore è quello di fare impresa, e cioè di risolvere i problemi. Tutto il mondo si è messo in movimento per creare un mercato libero, e adesso vogliamo mantenere delle barriere? Allora si poteva non fare l'Europa e noi rimanevamo un paese del terzo mondo con le nostre svalutazioni continue della moneta eccetera. Credo che gli imprenditori debbano accettare la sfida ed essere competitivi. Non credo nel protezionismo. Se questi imprenditori 20 anni fa avessero fatto delle joint venture magari oggi si troverebbero pronti alla sfida. Invece credo ci sia stata una forma di razzismo nei confronti di certi mercati perché loro sono piccoli, corti e con gli occhi a mandorla e sono stati considerati un paese sottosviluppato.
Che progetti avete per la Cina?
Attualmente abbiamo sei negozi monomarca che diventeranno 12 entro luglio 2004, con l'obiettivo di aprire altri 8-10 negozi entro il 2005. A marzo inoltre apriremo il nostro più grosso flagship store in Asia (Giappone escluso) a Hong Kong, uno spazio di 1.000 metri quadrati su due piani all'Alexandra house (uno dei building gestiti dal Landmark group nella zona di Central, ndr). Poi puntiamo molto anche sul Giappone, con un nuovo negozio per Jil Sander a Osaka.
A proposito di sfide, in molti vi davano per spacciati dopo lo scandalo Parmalat e nell'ambiente alcune Cassandre ipotizzavano un caso «Pradalat» per via dell'elevato grado d'indebitamento.
Non mi è mai importato nulla delle Cassandre. Abbiamo dimostrato di essere in grado di ridurre velocemente il debito con l'obiettivo di scendere a 290 milioni di euro per la Prada holding nv (cui si aggiungono i 700 milioni del bond Deutsche bank in carico della Itmd investments bv). Abbiamo anche superato brillantemente la due diligence di Kpmg richiesta dalle banche. E poi un conto è se il debito è generato da inefficienze gestionali o da una situazione traumatica. Parmalat faceva debiti dall'85, noi non abbiamo mai avuto bilanci in rosso, ci siamo sempre autofinanziati fino al '99 quando abbiamo cominciato a fare acquisizioni.
A cura di Pambianconews