Alle undici di oggi un discorso del sindaco Leonardo Domenica apre la 65esima edizione di Pitti Uomo, la Fiera della moda maschile e dell'inverno 2005 che espone 800 collezioni di 678 aziende, 282 delle quali straniere. La Fiera, distribuita in dodici grandi edifici, prevede 55 mila visitatori direttamente coinvolti nel mercato di abbigliamento e l'arrivo di almeno 380 esperti compratori rappresentanti i più grandi magazzini del mondo.
Tutto pronto dunque. Nasce però una domanda. Di fronte all'innegabile, seppure non spaventosa, crisi della filiera tessile-abbigliamento (-4% fatturato, -4,07% esportazioni nel 2002, addirittura -7% nei primi mesi 2003) e contrazione specifica dell'abbigliamento maschile (1,3% di produzione in meno, -3,1% di esportazione) quali prospettive può avere Pitti? La si difende solo perché il turismo in genere, e il richiamo delle città d'arte in particolare non appare più quella roccaforte sicura che era poco tempo fa?
«No, dice Raffaello Napoleone, presidente di Pitti Immagine, qui noi condizioniamo direttamente il ventre molle e il futuro del mercato e facciamo un lavoro specifico per il valore del made in Italy». «Perché, continua Napoleone, se alle sfilate prestigiose di Milano o Parigi assiste di solito qualche prezioso centinaio di intenditori, qui tocchiamo i grandi mercati di riferimento dell'Est europeo, di parte dell'Asia vicina e lontana, di certa Africa, e soprattutto dei settori Usa da considerare comunque in progress, per quanto riguarda l'attenzione al vestire. I mercati nuovi, insomma, quelli da capire e servire». Dunque la Fiera è formula più promettente e Firenze dicono gli organizzatori la vince sulle Fiere francesi o tedesche.
Estratto da Corriere della Sera del 8/01/04 a cura di Pambianconews