Il Natale, in Italia come nel resto del mondo, non ha avuto nemmeno la forza di un placebo. L'oreficeria italiana non ci contava, anche se forse auspicava almeno un segnale, e così si appresta a chiudere un anno nerissimo e a presentarsi con poche carte da giocare alla Fiera di Vicenza che, dall'11 al 18 gennaio prossimi, segnerà il primo grande appuntamento mondiale del settore. Federorafi ha commissionato un monitoraggio accurato, i cui risultati saranno presentati a Vicenza, ma il presidente Alessandro Biffi già anticipa che il 2003 ha fatto registrare una perdita secca del 25% del valore del fatturato; il dato relativo alla quantità è ancora più pesante.
Come a dire che un quarto dell'oreficeria italiana si è dissolto nel corso di un solo anno. E non è certo una sorpresa. I dati ufficiali dei primi otto mesi del 2003 segnalavano un calo del fatturato Italia del 7,7% e di quello estero del 25%, il tutto con una variazione minima, appena del 3% in negativo, dei prezzi alla produzione. Nello stesso periodo le esportazioni sono scese a 2,1 miliardi di euro, perdendo il 33,9% sul 2002, con punte del 47,3% negli Usa, del 39,8% ad Hong Kong, del 34,2% in Germania e del 33% negli Emirati arabi. Biffi non riesce a mascherare il suo pessimismo. Ad una situazione già piuttosto difficile, dice, si è aggiunto l'effetto del supereuro che ci ha portato completamente fuori mercato. I nostri concorrenti sono oggi in grado di praticare prezzi decisamente migliori dei nostri e l'arma del made in Italy è ancora spuntata, abbiamo solo ora cominciato a proporla facendo sistema con la moda ed il lusso italiani ma è un processo che ha bisogno di tempi lunghi e di forti investimenti e noi non possiamo stare ancora troppo tempo alla finestra.
Soluzioni? Al momento non se ne vedono. C'è il progetto legato alla valorizzazione del Made in Italy ma ha bisogno di tempi lunghi, c'è l'alleanza con il sistema moda per creare una sorta di casa comune sui mercati. Quanto si poteva fare sul fronte dell'innovazione pare sia stato fatto. Le aziende che per tempo sono uscite dall'anonimato della produzione per imporre una propria marca, da Pomellato a Chimento solo per fare due nomi, hanno patito molto meno la crisi e anzi hanno prospettive positive, così come chi ha adottato materiali nuovi e ha cavalcato la tendenza. Penso che alla prossima Fiera di Vicenza saremo costretti a contare molte assenze, anticipa Biffi, più di un collega mi ha manifestato la volontà di chiudere nell'impossibilità di fronteggiare la situazione. Sicuramente il 2004 segnerà un #'prosciugamento'' delle imprese.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 28/12/03 a cura di Pambianconews