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Vince il gioiello pret-à-porter

9 Dicembre 2003 DI REDAZIONE

In un settore dove il fatturato si decide negli ultimi tre mesi dell'anno, un Natale di ristrettezze come quello che si annuncia è l'ultima brutta notizia di un periodo che non ha offerto quasi altro. Lo ammette con realismo, e una gran voglia di dare battaglia, Alessandro Biffi, presidente di Federorafi, che aggiunge: «Non si tratta di una crisi congiunturale, ma strutturale, che si è formata nel corso di anni. Dopo la guerra del Golfo, i consumi sono profondamente cambiati e pochi hanno saputo reagire preferendo pensare che tutto sarebbe rimasto come prima». A questa miopia Biffi aggiunge la grande cecità di aver sottovalutato il modello proposto dalla moda. «Quindi, scarsa politica di marchio, ma una valanga di prodotti unbranded. E nessuna rivendicazione di quel fattore fondamentale che è il made in Italy. Siamo stati leader nel mondo senza comunicarlo e senza costruire un'identità precisa, riconoscibile. Così è proprio l'esportazione a essere in caduta libera: meno 40%».

Al futuro, però, bisogna guardare con fiducia, perché ci sono aziende che, avendo attuato una strategia di marchio con una forte presenza nella comunicazione e il controllo della distribuzione, godono di ottima salute. Un vero fenomeno è rappresentato dal successo dei gioielli pr�t-à-porter, che seguono i ritmi della moda, hanno un design moderno e originale, prediligono materiali alternativi. Piccoli oggetti da acquistare senza attendere i momenti di rito, ma semplicemente perché piacciono e raccontano un'emozione. «Il progetto DoDo nasce proprio con questi intenti – racconta l'amministratore delegato della Pomellato (azienda con un fatturato di oltre 30 mio di euro), Francesco Minoli -. Comunicare un'emozione con un gioiello minimo: non più di un grammo d'oro o d'argento».

Un caso unico è quello di Franco Pianegonda, esordiente di belle speranze nel 1999 e oggi una realtà affermata, con un fatturato 2003 che dovrebbe chiudere intorno ai 25 milioni di euro, 26 negozi monomarca (l'ultimo aperto a Dubai) e una distribuzione selezionata di 700 punti vendita nel mondo. Accolto prima come un visionario, un simpatico matto di Vicenza che disegna oggetti strani, a volte smisurati, è ritenuto ormai una specie di caposcuola che conta molti ammiratori e, naturalmente, imitatori.

Fortemente caratterizzata dalla sperimentazione, per la quale sono stati investiti soltanto quest'anno 2 milioni e mezzo di euro, Rebecca è l'ultima star del gioiello creativo, che reinterpreta simbologie tribali e introduce un materiale insolito, luminosissimo, unendo vanadio e oro a una lega di carbonio. Alessandro Testi, designer e titolare del marchio, l'ha battezzato Tribeca e l'affianca all'altra sua scoperta della stagione, l'ebano. è in questa ricerca continua, questo scambio di culture che Rebecca esprime la sua singolare personalità. Così apprezzata che, avendo scelto una politica di prezzo intorno ai 100 euro, nel 2003 ha superato il 100% di crescita prevista, arrivando a 25 milioni di euro e conquistando il primato di prodotto best-seller tra le proposte on flight di Alitalia.

Corre veloce anche Morellato con i suoi gioielli pr�t-à-porter da cambiare ogni sei mesi, ma sempre costruiti in oro e diamanti. Come spiega Massimo Carraro, contitolare dell'azienda e amministratore delegato: «Il consumatore oggi ha un comportamento dualista: è disposto a pagare per la griffe, altrimenti cerca prodotti il cui valore corrisponda al prezzo, come i nostri. Tutto quello che sta in mezzo soffre». Morellato Gioielli ha raggiunto un fatturato di 22 milioni di euro e nel 2003 supererà il 50% del fatturato dell'intero gruppo, che è il più importante produttore di cinturini d'orologio.

Un vero terremoto è stato provocato nel 2001 dai gioielli Breil Stones, forme scavate nell'acciaio e abbinate a piccoli diamanti naturali e lacci di cuoio delle quali il primo anno sono stati venduti 500 mila pezzi. Una cifra raddoppiata nel 2002. Marcello Binda – a capo di un gruppo da 150 milioni di euro, che spazia dagli orologi Breil a Wyler Vetta alla licenza D&G Time – ha proseguito in quello che ritiene «il primo passo per l'estensione del marchio». E infatti ha lanciato di recente una calibratissima miniserie di pelletteria.

Estratto da CorrierEconomia del 08/12/03 a cura di Pambianconews

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