Tensione alta in Bruno Magli, la società di calzature che fa parte del gruppo Opera, dalla quale si dice sia uscito in questi giorni l'amministratore delegato Eugenio Morselli, che dovrebbe essere sostituito da Luca Ranella, che già si occupò del risanamento di Simint. Motivo? Si è parlato di una gestione finanziaria non in linea con le attese di Opera, ma c'è chi teme che in qualche modo possa essere toccata in futuro la fabbrica della società. Negli Stati Uniti, invece, si registra un passaggio Zegna-Hilton Vestimenta: Bob Green lascia il gruppo biellese per diventare Ceo di Vestimenta Inc. Ma c'è un'altra società che sta vivendo un periodo intenso. In questo caso, si deve dire, molto difficile e ciò che le succede interessa da vicino il mercato e i risparmiatori.
Si tratta della Finpart, quotata in Borsa e con un bond di 200 milioni di euro da rimborsare a luglio dell'anno prossimo, cioè tra pochi mesi. Il conto economico è ulteriormente peggiorato, con un rosso che al 30 settembre ha raggiunto i 54,9 milioni di euro (erano 33,3 nello stesso periodo del 2002) e la scorsa settimana se n'è andato l'amministratore delegato, Silvano Storer. Notizie che hanno provocato una pioggia (l'ennesima) sui titoli Finpart, che ormai quotano appena sopra 0,2 euro provocando non poche tensioni tra i soci che avevano sottoscritto l'ultimo aumento di capitale, non molto tempo fa, a 1 euro. Non è solo Storer a lasciare. Molti altri manager del gruppo se ne sono andati o se ne stanno per andare. In Cerruti si sono dimessi il direttore generale Caccialupi (in passato si era parlato di una sua trattativa con Roberto Cavalli) e il direttore commerciale per l'estero (passato a Piazza Sempione), mentre altre uscite sono previste.
Finpart ha alcuni marchi che ancora godono di prestigio, come Cerruti e come Pepper, e per i quali compratori ci sarebbero, se, però, la situazione fosse più chiara (chi compra se c'è il rischio di un'insolvenza e, dunque, di una revocatoria?) e si facesse in fretta a decidere. Il nodo principale, com'è noto, è quello dell'aumento di capitale, annunciato, promesso, atteso ma fino a oggi non realizzato. A rendere più complicate le cose è stata la decisione dei revisori dei conti di non certificare neanche il bilancio semestrale, dopo quello del 2002, fatto che impedisce di sollecitare risparmio sul mercato. E che rende più critica anche la posizione delle banche (si era anche parlato di una cartolarizzazione dei crediti che sembra si sia arenata). Dunque, dovrebbe essere l'azionista di riferimento Gianluigi Facchini a mettere il denaro necessario.
Senza l'aumento di capitale le società non possono operare, come ben ha dimostrato la situazione della Hitman, gli stabilimenti di Cerruti, dove c'è stata cassa integrazione (e ancora se ne profila) non perché mancassero gli ordini ma perché non c'erano i soldi per comprare i tessuti. Così, si sono usati quelli degli stipendi, arrivati per questo motivo in ritardo di una settimana. Un circolo vizioso. In questi giorni si tratta in molte direzioni. Intanto, la Consob continua a vigilare. Anche perché Finpart, che è già tra i sorvegliati speciali del mercato, ha strette relazioni con un'altra società in grave crisi, l'Olcese. Ormai da molte parti, però, quello che si chiede è che Facchini si faccia definitivamente da parte. Qualcuno dice che anche di questo si stia parlando in queste ore.
Estratto da CorrierEconomia del 17/11/03 a cura di Pambianconews