A chi domanda perché mai gli Zegna, uno dei nomi più prestigiosi dell'abbigliamento made in Italy, abbiano deciso di mettersi a fabbricare abiti in società proprio con i concorrenti più temibili, i cinesi, Paolo ed Ermenegildo rispondono con la saggezza di un proverbio anglosassone: «Se non puoi battere il nemico, alleati con lui». Ma sono poi davvero imbattibili questi cinesi, re del sottocosto e delle contraffazioni, incubo dell'economia occidentale evocato dal ministro Giulio Tremonti? Di sicuro hanno i numeri per farsi temere quelli scelti dagli Zegna per costituire pochi mesi fa una joint venture destinata a produrre capi di abbigliamento maschile di lusso. Perché i tre fratelli Chen, età compresa tra i 35 e i 40 anni, sono veloci.
Paolo e Gildo Zegna, oggi alla guida del gruppo leader mondiale nella produzione di moda maschile di alta gamma (660 milioni di euro di fatturato e 5 mila dipendenti sparsi per il globo), sono andati avanti a trattare per due anni. Con una piccola pattuglia scelta di manager che facevano la spola tra Biella e Wenzhou, sede della SharMoon, e un manipolo di legali impegnati a dare un senso cinese a parole come «due diligence» e a trovare difficili convergenze sui metodi di valutazione. Alla fine, ore di riunione, spesso notturna, tra gli stessi imprenditori: i Chen da un lato del tavolo, gli Zegna dall'altro.
Inoltre, anche la famiglia Chen, come quella degli Zegna, punta sulla fascia più ricca di consumatori, quella che secondo la società di consulenza Pambianco Strategie di Impresa, con 1 miliardo di dollari di valore tra abbigliamento, calzature e pelletteria, in Cina rappresenta ancora l'1 per cento del mercato totale (95 miliardi di dollari) contro il 10 dell'Occidente.
Per gestire la società mista, guidata da un comitato paritetico italo-cinese (per gli Zegna ne fanno parte Giorgio Del Piano, già direttore generale divisione abbigliamento del gruppo e responsabile del progetto, Giuseppe Tosco, direttore generale della joint venture SharMoon, e Franca Calcia, group controller in Zegna), le difficoltà non mancano. «Viste le distanze, l'ideale sarebbero le videoconferenze, ma non si riesce a installare il sistema in azienda, per cui per ora siamo ospiti di un Hilton li vicino» precisa Gildo. «Il costo del lavoro è un ventesimo rispetto all'Europa e inferiore a quello del Messico, mentre la qualità della produzione è elevata» rispondono in coro gli Zegna. Di sicuro non così elevata da meritarsi la prestigiosa etichetta Zegna, anche se i fratelli Chen ci hanno provato con determinazione. «Puntavano a usare il nostro marchio in Cina, abbiamo risposto che non se ne parlava. Gli abiti per il mercato cinese faranno parte di collezioni diverse, con debutto dal 2004, e si chiameranno SharMoon. La griffe Zegna resterà made in Europe».
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Estratto da Panorama del 3/10/03 a cura di Pambianconews