C'è un campionato che non si ferma mai: vede in gara le multinazionali dell'abbigliamento sportivo. Ogni appuntamento importante, Olimpiade, Mondiale o Europeo, finale di coppa continentale è occasione per un altro big match, per spostare anche di poco gli umori e gli acquisti della massa planetaria. Poi si ricomincia, a colpi di spot e di nuovi prodotti da lanciare. Il campionato, come quello vero, ha un paio di dominatori che fanno storia a sé, Nike e Adidas, due ricche outsider, Reebok e Puma, più una serie di medie e piccole aziende arroccate in alcuni mercati nazionali che quando possono si prendono il lusso di una soddisfazione, dalle italiane Lotto, Diadora e Asics, agli inglesi di Umbro. Adesso gli uffici marketing e quelli progettazione sono già al lavoro. Primo appuntamento: l'Europeo di calcio a giugno. Due mesi dopo i Giochi olimpici di Atene.
Tutto questo, forse, servirà a comprendere meglio che la guerra del marketing in atto e alla quale ha dedicato un lungo articolo persino Le Monde, è ricca di complessità e si combatte ricorrendo a una molteplicità di elementi. è necessario assicurarsi testimonial che abbiano riconoscibilità planetaria e che siano aderenti all'idea che l'azienda vuole trasmettere di se stessa; che questi uomini-immagine giochino in club di vertice e, possibilmente, anch'essi sotto contratto dello stesso sponsor tecnico. Infine, è necessario che in vista degli appuntamenti che contano, «vere e proprie arene-competitive tra i marchi» dice David Pambianco, vice-presidente di Pambianco Strategie di Impresa, si metta in campo un colossale battage pubblicitario. La spesa per la comunicazione di un'azienda del settore oscilla tra il 10 e il 12% del fatturato, quello di Nike è di circa 10 miliardi di euro all'anno, quello di Adidas di 6,5 miliardi.
Guerriglia del marketing e «posizionamento» strategico. è un pò la tattica che ha giovato a Puma, marchio resuscitato a nuova vita in tutto il mondo. «Hanno intuito per primi, dice David Pambianco, che essendo saturo il mercato tecnico, bisognava far diventare la scarpa sportiva un oggetto di moda. Una scommessa vinta: oggi solo un terzo degli acquisti è per la pratica sportiva. I due colossi attenti alla ricerca dei materiali e alle prestazioni hanno accusato il colpo, poi si sono adeguati». è così che Nike è tornata a un +11% nell'ultimo trimestre. «Neghiamo, ribattono da Nike, di aver sofferto del connubio sport-moda, il fenomeno c'è, ma non a nostro discapito. A noi interessa restare coerenti all'autenticità sportiva». Discorso diverso per Adidas che ha addirittura varato una divisione marketing e una linea di prodotti, gli Originals, che strizzano l'occhio alla moda e al vintage.
Estratto da La Gazzetta dello Sport del 1/10/03 a cura di Pambianconews