Mila Sch�n cerca di togliersi di dosso la patina polverosa che da anni ne ha appannato l'immagine. La strategia del gruppo Burani, al quale la maison è passata di mano dall'Itochu a fine #99, sta riuscendo nell'intento di riportarla ai passati fasti? Il prossimo banco di prova sono le imminenti passerelle milanesi del pr�t à porter che vedono l'esordio della prima collezione Mila Sch�n disegnata da Marc Hellmuth, il nuovo creativo ingaggiato da Fabrizio Malverdi, amministratore delegato della maison, per rinverdire la collezione.
Ad ottobre esordirà il nuovo profumo prodotto da Eurocosmesi del gruppo Guaber che realizza tutte le fragranze per Mariella Burani. Da questa stagione è in vetrina la nuova linea di maglieria che, prodotta e distribuita da Gabriella Frattini, è strategica per l'allargamento della vendita al dettaglio plurimarca.
«Riteniamo che sia molto più semplice entrare in un nuovo punto vendita con la maglieria rispetto al tessuto � spiega Malverdi � perché ha un sell out maggiore e perché l'impegno finanziario del cliente è molto più ridotto. Tra l'altro è cambiato il modo di vestire. Una donna può essere elegantissima con un bel maglione e un pantalone». Ad entrare nel portafoglio prodotti del marchio sono stati poco prima dell'estate la collezione bimba, le borse e le calzature. La prima linea del gruppo e la linea diffusione, sotto forma di licenza, vengono prodotte e distribuite dalla Mariella Burani Fashion Group.
Mila Sch�n, quando fu acquisita dall'Itochu a fine #99 perdeva circa 20 miliardi delle vecchie lire. Nel 2001 è stato raggiunto il break even con 11,2 milioni di euro (cifra non confrontabile con quella stimata per quest'anno perché l'anno scorso comprendeva una parte di produzione che adesso non è più a carico della società). La previsioni per il 2002 è di 9 milioni di euro. Nel 2001 il margine operativo lordo era uguale a zero mentre nel 2002 sarà di circa il 9% sul fatturato.
Quest'ultimo deriva esclusivamente da royalties sulle licenze, da consulenze stilistiche (vengono disegnati i prodotti su licenza per il Giappone) e da ricavi delle tre boutique a gestione diretta che sono a Milano, Firenze e Roma. Il mercato di riferimento è il Giappone (che insieme a tutta l'area del Far East fa realizzare il 40% del fatturato) che registra un fatturato wholesale di 150 milioni di euro, generato attraverso licenze domestiche. Il resto del business viene fatto in Italia (il 50%) e in alcuni paesi europei che insieme generano un fatturato wholesale di 60 milioni di euro.