Il gruppo Prada con sede ad Amsterdam era reduce da un 2000 da incorniciare. Il fatturato consolidato di 1,64 miliardi di euro (+56% sul ‘99) rappresentava il culmine di un decennio nel quale la creatura imprenditoriale dell’amministratore delegato Patrizio Bertelli e di sua moglie Miuccia Prada aveva moltiplicato per 40 il proprio giro d’affari.
Il migliore degli scenari possibili, che però in 12 mesi si è quasi ribaltato, in peggio. Innanzitutto il venir meno dell’ipo borsistica, prima rimandata di qualche mese per l’avvento dell’Orso nei listini, poi accantonata a data da destinare a causa del loro tracollo di settembre, ha sottratto a Prada risorge vitali. Già a fine giugno l’azienda aveva dichiarato un indebitamento netto per 1,2 miliardi di euro (per il 40% a breve termine), cui si aggiungeva lo sbilancio di 280 milioni della controllante Itmd, la cassaforte di famiglia, nei confronti di IntesaBci.
Non poche quindi, visto il rapporto quasi di 1 a 1 tra debiti e fatturato, le preoccupazioni del mondo bancario. Negli Usa, dove è esposta per quasi un terzo del suo fatturato, Prada in autunno ha registrato un calo delle vendite prima del 40% (settembre e ottobre) e poi, a fine anno, del 20% .
I marchi del core business, Prada e soprattutto Miu Miu, avevano in realtà già visto ridurre il proprio tasso di crescita nei mesi precedenti, non solo negli Usa ma anche in Europa, comprimendo inevitabilmente i margini.
Per il futuro le incertezze non mancano. L’evoluzione, almeno a breve, dei mercati del lusso resta un incognita e comunque, a detta di più di un operatore, a dispetto delle attese il gruppo capitanato da Bertelli non ha ancora dimostrato di poter
effettivamente dare una scossa alle aziende entrate nella propria orbita.
Da parte sua Bertelli fa sfoggio della consueta sicurezza. L’Europa tiene bene e il Giappone tira, dice l’ex piccolo imprenditore di pelli. E, come ha rivelato un mese e mezzo fa a Milano Finanza, «le fabbriche sono piene di lavoro fino a febbraio, mentre per la primavera-estate abbiamo ricevuto ordini inferiori solo dell’1,5% rispetto al budget». Dopo i fatti dell’11 settembre, questo decorso deve necessariamente essere prolungato.
Qualche minima concessione Bertelli in realtà è costretto a farla. «Questo è un momento per fare un passo indietro e per guardare dentro il nostro gruppo», pare abbia detto. Il che può significare un’onesta presa d’atto della crisi, una minore bulimia del mercato delle compravendite e una più attenta ricerca dell’efficienza attraverso il taglio dei costi.
sintesi dell'articolo di Giovanni Centola a cura di Pambianconews