“Le premesse sono ottime, visto che in Cina tutto ciò che inizia per ‘P’ ha successo!”. Esordisce così Jean Marc Jacot, CEO di Parmigiani Fleurier, alla presentazione del Tonda Pomellato, il segnatempo icona della maison di Neuchâtel ‘vestito’ al femminile dal gioielliere milanese. “Il link – racconta il CEO a Pambianconews – è stato la vicinanza delle nostre vetrine a Gstaad, che ha mostrato la rispettiva affinità. Siamo due aziende talmente simili, come storia, stile ma anche dimensioni e giro d’affari, che sembra impossibile che non ci fossimo ancora incontrate”.
A Pomellato, Parmigiani ha lasciato ridisegnare lancette e indici del Tonda 1950 in quattro versioni di quadranti, tre delle quali ispirate alla linea di gioielli Arabesque e la quarta al turchese della collezione Capri. Il modello automatico in oro rosa, prodotto inizialmente in un centinaio di pezzi (di cui sette sono già stati venduti) sarà in vendita da inizio dicembre in una selezione di boutique monomarca Pomellato e Parmigiani e in otto ‘atelier’ Parmigiani.
“Ciò che ci accomuna a Parmigiani è il rispetto per gli operai e il lavoro manuale”, commenta anche Andrea Morante, CEO di Pomellato. “In questo settore accostare due marchi è un fenomeno atipico. Ma ci sono sinergie positive: Pomellato si rivolge alle donne e ha più difficoltà a parlare agli uomini, viceversa Parmigiani. Inoltre, a tendere, ci sarà sempre più commistione tra orologeria e gioielleria, che di fatto sono parte dello stesso settore, l’hard luxury, ma spesso sono troppo nettamente distinti”.
Non è la ‘prima volta’ del marchio milanese nelle lancette. Negli anni 80 esistevano orologi Pomellato, prodotti da Girard-Perregaux. E, ora che Pomellato è stata acquisita dal gruppo Kering, dunque in compagnia proprio di Girard-Perregaux e Jeanrichard, viene da chiedersi perché non abbia sfruttato questa sinergia. “Prima di tutto – dice Morante – perché i colloqui con Parmigiani sono iniziati prima del nostro matrimonio con Kering. Ma anche se fossimo già stati ‘sposati’, sono convinto che le cose non sarebbero cambiate, il gruppo Kering lascia sempre grande autonomia”.