Il fast fashion inglese si impegna a comunicare in modo più trasparente in chiave di sostenibilità. Stando a quanto riferito dalla stampa di settore, infatti, player come Asos, Boohoo e George, il brand di abbigliamento dei supermercati Asda, hanno firmato un accordo con la Competition and Markets Authority-Cma, l’autorità che regola la concorrenza e il mercato, per utilizzare solo claim “accurati e chiari” in riferimento a pratiche e obiettivi green.
Al bando, quindi, termini vaghi o imprecisi. Le informazioni, inoltre, dovranno essere ben visibili agli acquirenti. I brand non dovranno utilizzare immagini fuorvianti o loghi per suggerire che un prodotto è più rispettoso dell’ambiente di quanto non sia in realtà. La percentuale di fibre riciclate o organiche dovrà essere chiaramente indicata: un prodotto non potrà essere definito “eco” o “ottenuto da riciclo” se non risponderà a determinati criteri.
Quanto accade nel Regno Unito si allinea dunque a quanto già ufficializzato nell’Unione europea. Lo scorso gennaio il Parlamento europeo ha approvato la direttiva ‘Empowering Consumers for Green Transition’, che mette un freno alle “asserzioni ambientali incontrollate”. Il testo della direttiva si inserisce, insieme ad altre tra cui quella relativa al ‘passaporto digitale’, all’interno del Regolamento Ecodesign. Il greenwashing è stato quindi inserito nell’elenco delle pratiche commerciali sleali, con una conseguente prevista diminuzione di slogan a sfondo ecologista, dalle promesse di compensazioni delle emissioni di carbonio che annullerebbero l’impatto ambientale dei prodotti, ai voli raccontati come “climaticamente neutrali”.
In Uk, l’intesa fa seguito a un’indagine avviata dalla Cma nel luglio del 2022 che riguardava le dichiarazioni ambientali sull’offerta di abbigliamento, footwear e accessori di Asos, Boohoo e George. L’autorità britannica si era detta preoccupata per il modo in cui i prodotti delle aziende venivano commercializzati come sostenibili. “Gli impegni stabiliti rappresentano un punto di riferimento, relativamente alle modalità con cui i retailer di moda dovrebbero commercializzare i loro prodotti e ci aspettiamo che l’intero settore, dai grandi magazzini alle griffe, ne prenda atto e riveda le proprie pratiche”, ha dichiarato Sarah Cardell, chief executive della Cma. Quest’ultima si appresta a sviluppare nel dettaglio il ‘Green Claims Code’, con informazioni aggiuntive che saranno adattate al settore moda.