Etico e healthy, il cibo della generazione Z

Da marzo 2020, evidenzia una ricerca di strategy& (PwC), il 36% dei giovani britannici ha cambiato dieta. La pandemia ha accelerato un trend che impone nuove ricette, dal retail alla produzione. D’Este (Ferrero Italia): “Il consumatore valuta il prodotto e anche l’azienda che c’è dietro”.

La pandemia ha accelerato un trend già avviato nel periodo precedente tra i consumatori: vita più sana, consumismo etico a maggiore praticità e budget più rigoroso. Una conferma arriva da una ricerca, “An appetite for opportunity”, condotta da strategy& (PwC) in collaborazione con Google e Spoon Guru e focalizzata sul mercato britannico. Duemila consumatori adulti del Regno Unito sono stati intervistati per comprendere come siano cambiate le loro abitudini alimentari negli ultimi cinque anni: i risultati evidenziano come il 59% del campione abbia modificato la propria dieta nell’intervallo di tempo considerato e come il 29% lo abbia fatto a partire da marzo 2020, in contemporanea con il dilagare del contagio e con le prime restrizioni. In particolare, nella fase pandemica, le risposte evidenziano un aumento del cambio dieta legato alla necessità di perdere peso e di raggiungere un maggior benessere fisico, principalmente attraverso un maggior consumo di frutta e verdura in sostituzione di alimenti contenenti grassi. Ed è significativo che la più alta percentuale di chi ha modificato le proprie abitudini a tavola sia stata raggiunta dalla cosiddetta generazione Z (18-34 anni), che premia i prodotti locali e l’acquisto online.

“Qualità dei prodotti e trasparenza nella comunicazione sono i driver che guidano le scelte d’acquisto sul Food delle nuove generazioni, nate con la tecnologia in mano”, afferma Erika Andreetta, partner PwC e responsabile dei servizi di consulenza nel mondo Retail & Consumer Goods. “La nostra ricerca ci permette di comprendere meglio il rapporto con il cibo dei giovani di oggi e degli adulti del futuro. È interessante notare che i più giovani sono grandi sostenitori del cibo di provenienza regionale rigorosamente made in Italy e di come l’intenzione di acquistarli è praticamente raddoppiata”. La principale fonte di ispirazione per selezionare il cibo per i più giovani rimane la rete e appare anche più condizionata dai canoni estetici mostrati in tv e sui social e non sempre i rivenditori sono presenti nelle principali fonti di informazioni dei consumatori. “La ricerca – precisa Andreetta – ha evidenziato le opportunità perse dai rivenditori per coinvolgere i consumatori in particolare su prodotti utili per il raggiungimento del proprio benessere. Essere una fonte di informazioni per i propri consumatori anche su questi argomenti consentirebbe alle aziende di raccogliere ulteriori spunti ‘al momento’ per comprendere i reali obiettivi e bisogni dietro alle scelte alimentari”. Inoltre, il lavoro svolto da PwC documenta come i consumatori tendano a cambiare continuamente le proprie abitudini alimentari e per ragioni altrettanto mutevoli: “Ciò rafforza la necessità di localizzare ulteriormente le gamme di prodotti e le promozioni in modo da soddisfare le esigenze dei vari segmenti di consumatori. Questo è particolarmente importante per adattarsi ai nuovi stili di vita ed è un approccio adottato da tempo dai ristoranti e dai servizi di delivery”, sottolinea Andreetta. Di conseguenza, le società di largo consumo devono impegnarsi a monitorare, misurare e adattare costantemente la propria offerta alla domanda che è in continua evoluzione, e per stare al passo con le esigenze dei consumatori servono cicli più brevi di variazioni delle offerte. “È fondamentale creare strategie di coinvolgimento che abilitino l’identificazione dei segnali che arrivano dalla domanda e l’adattamento rapido che si rivela essenziale per la costruzione della fedeltà al marchio”, conclude la partner di Pwc.

Il cambiamento in atto in Italia è sotto i riflettori del colosso alimentare Ferrero, come testimoniano le parole di Alessandro d’Este, presidente e amministratore delegato di Ferrero Commerciale Italia. “Usciremo dalla crisi sanitaria – afferma d’Este – con una società polarizzata nelle condizioni economiche e nei comportamenti. Circa un terzo della popolazione andrà alla ricerca di convenienza economica, rivolgendosi verso quei canali che sembreranno assicurarla, ad esempio i discount, verso le marche dei distributori, verso le promozioni. Un altro terzo della popolazione, invece, essendosi avvicinato all’e-commerce ed ai mezzi digitali, sarà disponibile a pagare per un maggior servizio: dalla consegna della spesa a casa, a farsi recapitare piatti già cucinati. La distribuzione aumenterà l’offerta, coprendo maggiormente il Paese e creando un effetto volano della domanda. Apriranno “dark store” e “dark kitchen” localizzati in punti strategici, ma con costi di gestione bassi, per dare servizio alle più interessanti aree metropolitane, le prime ad essere coperte. Al tempo stesso i centri commerciali, soffrendo della concorrenza dell’e-commerce sui beni non alimentari stanno perdendo capacità di attrazione”. Sul tema salute, d’Este precisa: “In Italia è un argomento da sempre centrale per il ruolo sociale rilevante che il mondo dell’alimentazione ha nelle nostre vite di tutti i giorni. Nel contesto prospettico descritto, Ferrero si caratterizza per il proprio “saper fare”, per questo lavoriamo verso nuove ricettazioni che rispondano alle nuove e future abitudini alimentari degli italiani, che devono tener conto della varietà, dell’equilibrio e di un corretto bilanciamento di ingredienti. Riteniamo che il nostro sviluppo in questo ambito debba svolgersi attraverso il rafforzamento della nostra presenza, intesa come allargamento dei target di consumo, che possano essere alternativi e complementari a quelli prevalenti di oggi. Tutte le nostre decisioni comunque ruotano attorno al consumatore, che oggi valuta non solo il prodotto ma anche l’azienda che c’è dietro. L’attenzione alla sua sensibilità è al centro delle nostre scelte”.

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