È stato un 2021 di ritrovato slancio quello delle aziende tessili made in Italy. Il trend di ripresa emerge dall’analisi condotta da Pambianco Magazine sui fatturati del 2021 delle 14 principali realtà tricolori del segmento dei tessuti. Secondo lo studio, che ha analizzato i ricavi dell’ultimo esercizio fiscale delle aziende che hanno diramato i risultati economici, i big esaminati hanno raggiunto complessivamente la quota di 1,2 miliardi di euro nell’anno fiscale 2021, contro il miliardo del 2020 pandemico. Si tratta di un balzo in avanti del 19,3% anno su anno, che segna un superamento della pagina Covid nonostante il permanere del gap con il 2019.
Arrivano a confermare il trend ascendente del tessile-abbigliamento, il ‘monte’ della filiera del sistema moda, anche i dati appena diramati da Smi–Sistema Moda Italia, che restituiscono la fotografia di un 2021 chiuso con un turnover del 18,4% a quota 52,9 miliardi di euro e un 2022 che sembra proseguire allo stesso ritmo.
“Il tessuto economico e soprattutto manifatturiero dell’Italia – ha dichiarato Marco Fortis, presidente di Fondazione Edison – è molto diverso rispetto a dieci anni fa e l’industria 4.0 ha spinto a rinnovare in modo importante i macchinari, tessili e non solo. È anche grazie a questo che l’intero sistema produttivo ha reagito meglio di altri Covid e alla guerra”. Si tratta comunque di un trend di rilancio, seppur ancora parziale, che presenta un carattere di eccezionalità. Sebbene la norma voglia che in scenari di crisi la ripresa inizi proprio a monte della filiera, all’indomani dell’emergenza sanitaria i manifatturieri del tessile si sono trovati a fare i conti con il problema delle rimanenze, tra magazzini carichi di materie prime inutilizzate e i player a valle della fashion industry costretti a smaltire l’invenduto delle collezioni precedenti. Una dinamica che ha contribuito a rallentare l’avanzare della supply chain e ha in parte adombrato la ripresa, per la cui piena realizzazione sarà necessario attendere il finire del 2022. Ma che il settore abbia rialzato la testa è indubbio, dal capofila del ranking, Marzotto, primo gruppo industriale tessile italiano per fatturato, al quattordicesimo e ultimo Cervotessile.
Tra i filoni che hanno attraversato il 2021, la rivincita dell’abbigliamento informale. Non a caso sembrano essere state particolarmente premiate nel corso dei dodici mesi le aziende specializzate nella produzione di tessuti tecnici, che hanno beneficiato del boom conosciuto dallo sportswear e dall’abbigliamento informale durante la pandemia. Una tendenza che nel pieno della rivoluzione Covid ha portato anche i grandi nomi del formale ad accelerare i cambiamenti già in atto, ovvero uno slittamento più deciso dal formale al casualwear, come dimostra il caso del gruppo Zegna.
Intanto, però, i dati seppur positivi dei fatturati 2021 celano comunque incognite che mantengono comunque alta la preoccupazione per il settore. Innanzitutto, oltre al nodo delle materie prime, la questione energetica, per la quale si sono levati numerosi gridi d’allarme a fronte di aumenti che hanno rischiato di mettere in pausa alcune produzioni tessili e che è legata a doppio filo al conflitto Russia-Ucraina. E poi c’è l’incognita della Cina. Il sentiment sembra, tuttavia, essere di un cauto ma saldo ottimismo per il 2022 in corso, che guardando al fronte delle esportazioni trova conferma dell’incrollabile interesse verso il tessile made in Italy, con forti segnali di rimbalzo soprattutto dagli Usa.
Lo studio sui fatturati 2021 di alcune delle principali aziende tessili italiane e relativo ranking sarà disponibile nel prossimo numero di Pambianco Magazine in uscita domani.