“Il settore è in forte ripresa e torna a essere uno dei traini dell’economia italiana. Dobbiamo supportare la creazione di poli che permettano sinergie fra le risorse, fondamentali per vincere le sfide della contemporaneità”. Ha riassunto così l’inizio del 2022 per il fashion made in Italy Cirillo Marcolin, presidente di Confindustria Moda, in occasione della conferenza stampa in cui sono stati presentati i dati consuntivi del primo trimestre e le previsioni sulla metà dell’anno.
I primi tre mesi del 2022 si sono chiusi con una progressione del fatturato del 19,3%, risultato superiore alle previsioni che si fermavano a una crescita stimata del solo 14 per cento. Segno positivo anche per il secondo trimestre in corso, per il quale è atteso un incremento delle vendite del 12,9 per cento. Un outlook che evidenza il perdurare di un trend ascendente ma anche il principio di un rallentamento dovuto alla congiuntura globale.
I risultati ad ogni modo arrivano dopo un 2021 di graduale risveglio economico, chiuso (secondo i dati preconsuntivi illustrati) con un fatturato stimato a 91,7 miliardi di euro, a velocità +22,2% e con un incremento di 16,7 miliardi sul 2020 pandemico. Ancora distanti però i livelli pre-Covid: a separare il 2021 dal 2019 ci sarebbe ancora un divario nell’ordine del -6,4% (corrispondente a -6,3 miliardi in valore assoluto).
Atteso come l’anno ufficiale della ripresa, il 2022 è stato presto adombrato da un concorso di criticità. Le tensioni internazionali conseguenti alla guerra in Ucraina, l’inflazione galoppante che causa rincari di materie prime ed energia e non ultima la riaccesa crisi sanitaria in Cina tratteggiano uno scenario internazionale denso di incognite, che contribuiscono a ostacolare la ripartenza del settore.
Sulla base delle attuali previsioni il primo semestre 2022 della moda tricolore, che include tessile, moda e accessorio, dovrebbe quindi archiviarsi ancora in crescita, seppur più moderata. L’incremento dovrebbe infatti attestarsi su un incremento del +16 per cento.
“Si può parlare a tutti gli effetti di una ripresa stabile – ha spiegato Marcolin a Pambianconews – come testimoniano anche le aziende stesse intervistate. Assistiamo però a una crescita rallentata, perché le imprese hanno un sentiment di preoccupazione e incertezza nei confronti del futuro, che arriva da ben prima della guerra in Ucraina. Confindustria Moda si era già adoperata per sensibilizzare istituzioni e governo sui rincari, che aggiunti alla difficoltà nel reperimento delle materie prime e alla paura per un affievolirsi della domanda rischia di rappresentare uno stop a una crescita che appariva stabile”.
Secondo l’analisi di Confindustria Moda, infatti, solo l’8% del campione di aziende coinvolte registra un sentiment positivo sull’evoluzione congiunturale del settore, contro il 49% che confida nella stabilità del mercato e un 43% che prevede un peggioramento. A preoccupare di più sono soprattutto i contraccolpi dell’aumento dei costi di materia prima ed energia, versante ulteriormente aggravato dal conflitto Russia-Ucraina ma già opprimente per le imprese.
A proposito dei rincari energetici, l’80% delle imprese interpellate dalla federazione dichiara che l’impatto sarà forte, il 18% prevede un impatto lieve mentre solo per il 2% degli imprenditori questo sarà trascurabile. Sul fronte delle materie prime, invece, sono nove imprese su dieci a denunciare aumenti sostanziali.
Il problema grava soprattutto sulle piccole realtà, che “non hanno una struttura finanziaria in grado di assorbire questi incrementi di costo” – ha proseguito Marcolin. L’altra preoccupazione è che non combattiamo ad armi pari: ci troviamo costretti a una dipendenza energetica dalla Russia perché non sono stati fatti investimenti nel corso degli anni sulle rinnovabili e ora stiamo correndo ai ripari. Queste situazioni macroeconomiche dovrebbero essere risolte per permettere alle imprese di svolgere la propria attività: fatturare, vendere e contribuire all’aumento del Pil”.
Al quadro si aggiunge poi l’incognita della Cina. “Naturalmente a subirne di più le conseguenze saranno le aziende che hanno lì una distribuzione diretta e che ora si trovano a dover rivedere le proprie strategie e riversarsi su aree alternative”.
Un momentum in chiaroscuro, dunque. In generale, ha concluso Marcolin, “c’è soddisfazione per aver visto imprese resilienti, capaci di reagire a un momento difficilissimo ma anche tante ombre all’orizzonte”.