Tempi duri per le star del mondo dello spettacolo in Cina. La Repubblica popolare sta stringendo sempre di più le maglie del controllo sulle celebrities, allarmando i grandi nomi della moda e del lusso occidentale che proprio sui volti noti dell’Asia facevano leva per accrescere il proprio appeal nel Paese.
L’ultimo tassello della censura governativa sull’intrattenimento è stato apposto pochi giorni fa, con lo stop a talent e reality show imposto dall’Amministrazione nazionale per la radio e la televisione (Nrta). Addio dunque agli idol, giovani promesse del piccolo schermo o della rete che popolavano programmi come ‘Youth With You’ o ‘Produce Camp’, incentrati proprio sulla spettacolarizzazione e, a detta del governo di Pechino, mercificazione di minori.
Secondo l’authority, il nuovo giro di vite risponde all’esigenza di frenare e scoraggiare l’ostentazione di ricchezza e avvenenza, il culto delle celebrità e il poco rispetto del ‘buon costume’.
Come riporta l’Hong Kong Free Press questo non è che l’ultima stoccata per “correggere con forza i problemi legati alla violazione delle leggi e della morale degli artisti e di instaurare un’atmosfera di amore per il Partito comunista e il Paese”, imponendo ai media il rispetto dei valori cari a quel socialismo con caratteristiche cinesi di cui tanto si è parlato nelle ultime settimane, per via della virata radicale promossa da Xi Jinping.
Solo alla fine di agosto la giovane e popolarissima attrice Zheng Shuang è stata sanzionata con una maxi multa da 46 milioni di dollari (circa 38,8 milioni di euro) per evasione fiscale. I contratti poco trasparenti, detti Yin Yang, che spesso coinvolgono le star (molte di queste sudcoreane, popolarissime tra i più giovani) sono ormai nel mirino dell’autorità cinese, che persegue una strategia politica ed economica insieme.
Neanche i fandom vengono risparmiati dall’ondata purificatrice del governo centrale: la Cyberspace Administration of China ha vietato le ‘celebrites ranking’, ovvero le classifiche di personaggi famosi stilata proprio in base alla popolarità raggiunta, in quanto potenzialmente colpevoli di incoraggiare bullismo e insicurezza patologica. Colossi digitali come Weibo, Tencent e NetEase Cloud Music le hanno già definitivamente bandite.
Via libera solo a quelle che riguardano opere come canzoni, film e programmi tv a patto che non pongano enfasi su like e commenti, aumentando invece il peso di “indicatori come l’orientamento al lavoro e la valutazione professionale”.
Neanche i canoni estetici vengono risparmiati dalla scure della pulizia mediatica: l’autorità, infatti, ha messo all’indice anche quelli che sono stati definiti “stili effeminati e altre estetiche anormali”, che strizzano l’occhio alla cultura occidentale e si allontanano dalla rappresentazione autentica dell’immaginario e della cultura tradizionali cinesi.
Un simile scenario non può che far tremare le maison d’America ed Europa che proprio a queste giovani promesse avevano affidato il ruolo di traino nella pubblicità e nelle vendite. Nonché un cavallo di Troia per conquistare la, ormai ambitissima dal mercato, Generazione Z, pienamente rappresentata dagli idol ora ostracizzati.
Si pensi all’attore Wang Yibo, ambassador di Chanel, o alla stessa Zheng Shuang, fino all’inizio del 2021 testimonial di Prada. O ancora i Bts, arruolati da Louis Vuitton.
Il loro drastico depotenziamento, nell’ambito della nuova linea politico-economica del Paese, rischia di riconfigurare gli equilibri del lusso tra Asia e Occidente, costringendo quest’ultimo a mettere in discussione metodi e dinamiche che finora si erano dimostrate vincenti.