Jd Sports inizia a fare i conti con la Brexit e a valutare di prendere i primi provvedimenti. La scissione del Regno Unito dall’Unione europea fa infatti lievitare le spese del player britannico specialista nella moda sportiva, che denuncia 10 milioni di sterline (circa 11,3 milioni di euro) di extra costi, dall’entrata in vigore della norma (gennaio 2021), per la distribuzione e spedizione della merce diretta al continente.
“Hanno detto che abbiamo un accordo di libero scambio, ma in realtà non è così”, ha detto alla Bbc dall’executive chairman Peter Cowgill. “Se acquisti dall’Estremo Oriente e porti i prodotti nel Regno Unito e poi spedisci ai negozi, si applicano le tariffe”. La Brexit fino ad ora “è considerevolmente peggio del previsto”, ed è quindi probabile che Jd Sports debba aprire un nuovo centro di distribuzione all’interno dell’Unione Europea.
Come raccontato, il nuovo polo, che senza Brexit avrebbe potuto essere costruito nel Regno Unito, andrà ad occupare circa mille persone.
Quanto sollevato da Jd Sports, che di recente ha acquisito i retailer americani Shoe Palace e Dtlr, fa eco alla recente lettera inviata al primo ministro inglese Boris Johnson la quale racchiude il grido d’allarme di oltre 450 esponenti della filiera fashion inglese, che sollevano le preoccupazioni e le problematiche legate alla Brexit.
“È stato un disastro assoluto”, ha commentato Ben Taylor, co-fondatore del marchio britannico di maglieria Country of Origin, in merito al primo mese di Brexit. Nel periodo, il brand ha infatti registrato un calo del fatturato europeo, mercato che genera il 30% degli ordini online, del 58% se paragonato ai livelli pre-scissione, a causa dei sovrapprezzi applicati ai prodotti.
“Stimiamo che i cambiamenti ci costeranno diversi milioni ogni anno”, ha detto Paul Smith. “Non è un accordo commerciale ‘libero’ in termini di costi e al momento dobbiamo pagare le tariffe e i dazi aggiuntivi per non scoraggiare i clienti dall’acquisto e per rimanere competitivi”.