Continua anche a dicembre il calo dei consumi di abbigliamento che, nell’ultimo mese del 2020, hanno registrato una flessione del 45 per cento. Ciò fa sì che l’intero anno si chiuda in calo del 38,3 per cento. A riportarlo è l’Osservatorio permanente sull’andamento dei consumi nei settori ristorazione, abbigliamento e non food elaborato da Confimprese-Ey.
In ogni caso, il prezzo più caro è stato pagato dalla ristorazione che, in dicembre, ha registrato un -66,8% portando così il 2020 a una flessione complessiva del 46,8 per cento. Meglio il comparto non food che, con il -29,3% del mese natalizio, ha chiuso l’anno a -26,9 per cento.
“Facciamo il bilancio di un anno molto difficile”, dichiara Paolo Lobetti Bodoni, Med business consulting leader di Ey. “Tuttavia, si registra uno scenario diverso rispetto al fisiologico +40% raggiunto usualmente nel mese di dicembre su novembre”. Quest’anno, infatti, “le vendite nei negozi fisici sono più che raddoppiate (+110%), mentre le vendite online in valore assoluto sono rimaste simili (+2% vs novembre 2020). Da ciò possiamo ritenere che il consumatore tornerà ad acquistare nei negozi fisici, non appena le restrizioni si allenteranno, e che iniziative come il cashback hanno un effetto tangibile nel promuovere le vendite”. Non solo, notiamo una ripresa “per i negozi in centro città, che hanno rappresentato un’alternativa ai centri commerciali chiusi, per fare shopping nei grandi marchi del retail”.
“Le prime indicazioni sui primi 10 giorni di gennaio, con un calo di traffico nei centri commerciali intorno al -50%, non danno segnali di miglioramento nel breve periodo”, chiarisce Mario Maiocchi, direttore Centro Studi Retail di Confimprese. “Sono sempre più necessari e urgenti interventi di supporto al settore con particolare riferimento alla tematica degli affitti che, con cali di fatturato di tale entità, non possono e non devono rimanere un costo fisso che rischia di travolgere anche aziende sane e con opportunità di crescita e occupazione nel medio periodo”.