Il calzaturiero italiano migliora leggermente nel terzo trimestre dell’anno, anche se le dinamiche sono ancora lontane dall’essere considerate positive. Come emerge dai dati elaborati dal Centro Studi di Confindustria Moda per Assocalzaturifici, nel periodo le aziende raggiunte dall’indagine hanno registrato cali del fatturato pari al -26,6 per cento. Di queste, solo il 14% ha dichiarato di aver superato, o quantomeno eguagliato, il fatturato del terzo trimestre 2019, mentre più della metà del panel ha denunciato un calo compreso del 20-50 per cento.
Considerando i nove mesi, le esportazioni hanno registrato un calo del 20,1% in quantità e del 17,2% in termini di valore. In ogni caso, però, i dati diffusi da Istat evidenziano come dopo il -52% in volume nel bimestre marzo-aprile e il -26,5% di maggio-giugno, nel trimestre luglio-settembre la riduzione si è affievolita (-6,5% in volume), grazie soprattutto al mese di settembre, in cui il numero di paia esportate ha eguagliato quello del 2019 (+0,3 per cento). Nello specifico, le esportazioni entro i confini comunitari, che rappresentano il 65% del totale quantità, sono calate del 16,5% in volume e del 14,5% a valore. Quelle extra-Ue, invece, sono scese del -26% circa in quantità e del -19,3% in valore.
Per quanto riguarda il mercato interno, i dati indicano, nei nove mesi, una contrazione degli acquisti delle famiglie italiane del -17,8% in quantità e del -23% in termini di spesa.
“I dati cumulati dei primi nove mesi dell’anno ci mostrano un settore messo a dura prova dall’emergenza sanitaria”, ha commentato Siro Badon, presidente di Assocalzaturifici. “Registriamo contrazioni attorno al 20% in volume per consumi interni (-17,8%) e vendite estero (-20,1%), forti arretramenti nella produzione industriale (-29,4%) e una riduzione media di un terzo (-33,1%) nel fatturato delle aziende associate”.
“I primi timidi segnali di rientro alla ‘normalità’ nella domanda, sia internazionale che interna (a settembre export e acquisti delle famiglie italiane avevano eguagliato i volumi dell’analogo mese 2019), rischiano di essere subito annullati dalla seconda ondata pandemica, con gravi ripercussioni sulle capacità di tenuta del settore, che ha visto ridursi ulteriormente nel 2020 il numero di imprese attive (-101 nei primi 9 mesi) e di addetti (sceso di circa 2.600 unità)”.
Nel primo semestre dell’anno, il comparto aveva registrato un -34,9% a livello di produzione e -36,3% a livello di fatturato.