Gianni Russo, presidente di Unic-Concerie Italiane, ha scritto una lettera al governo chiedendo di inserire le aziende del settore pelli, in quanto impegnate nel recupero e trasformazione di uno scarto dell’industria alimentare, tra quelle autorizzate a riprendere le attività in “un’eventuale decisione di graduale ripresa delle attività economiche”.
La richiesta dell’associazione, che rappresenta un settore composto da 1.200 imprese e circa 18mila addetti per un fatturato complessivo di poco inferiore ai 5 miliardi di euro, è legata non solo alla necessità di ripartire, che certamente non riguarda il solo mondo conciario, ma anche alla situazione che si sta creando a monte della filiera. L’attività dei macelli continua, per rifornire di carne i supermercati e i negozi di alimentari che trattano beni di prima necessità, e quindi si accumulano pelli grezze che non trovano un impiego, proprio a causa della chiusura delle attività conciarie.
Il blocco del commercio delle pelli grezze, precisa Russo, comporta “evidenti problemi di gestione delle stesse da parte dei nostri fornitori, i macelli, la cui capacità di stoccaggio è limitata, sia in termini di spazio che di tempo”. Le pelli grezze sono infatti materiale organico deperibile, che necessita di stabilizzazione per evitare rischi di carattere ambientale e sanitario. “Nei giorni scorsi – prosegue il presidente di Unic – ci è stato segnalato che i magazzini di molti macelli sono vicini alla saturazione e che, attualmente, non c’è un’alternativa alla vendita delle pelli alle concerie, dato che nessuna discarica o impianto di incenerimento le accetterebbe come nuovo rifiuto”.
Unic auspica quindi l’inserimento della propria industria all’interno delle categorie che possono ripartire con “un’eventuale decisione di graduale ripresa delle attività economiche non esplicitamente incluse nella lista delle essenziali”. Questo perché, conclude Russo, “la situazione rischia di diventare estremamente problematica in caso di slittamento e persistente chiusura dell’attività conciaria”. Infine, perché “le nostre aziende sono poste a metà di una catena di fornitura che vede i nostri fornitori già operativi e i nostri clienti manifatturieri ancora chiusi e senza materie prime. Appare essenziale per noi rientrare tra i settori di prossima riapertura, al fine di permetterci di preparare i materiali con cui rifornire le industrie clienti quando riapriranno le attività”.