L’Antitrust continua a mettere i rapporti tra aziende e influencer sotto la propria lente di ingrandimento. E, ora, nel mirino finiscono due grandi nomi italiani, quelli di Aeffe e Alitalia, insieme agli influencer che hanno lavorato con loro a giugno, quando Alberta Ferretti aveva svelato le divise della compagnia firmate dall’azienda e la relativa capsule collection.
Ieri, nell’ambito di una campagna di moral suasion relativa all’influencer marketing, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato, su segnalazione di Unione Nazionale di Consumatori, un procedimento istruttorio nei confronti di Alitalia Società Aerea Italiana in amministrazione straordinaria, e Aeffe, nonché di alcuni influencer. Nella nota ufficiale dell’Antitrust non si fa riferimento ai nomi specifici di questi ultimi, anche se la stampa parla di Chiara Ferragni, Elena Santarelli, Alessia Marcuzzi e Martina Colombari, che sui propri profili hanno indossato maglie e felpe con il logo Alitalia e che sono state citate nella segnalazione dell’Unione nazionale consumatori da cui è nato il procedimento.
L’Antitrust, che ha effettuato ispezioni presso le sedi delle due società con la collaborazione del Nucleo speciale Antitrust della Guardia di Finanza, contesta “la possibile diffusione, mediante social media, di pubblicità non riconoscibile in quanto tale”, e in particolare “la diffusione sul profilo Instagram di diversi influencer di post nei quali appare inquadrato il logo Alitalia impresso sui capi di abbigliamento a marchio Alberta Ferretti indossati dagli stessi influencer”.
Già nel 2017, l’Antitrust aveva sensibilizzato i principali operatori del mercato al rispetto delle prescrizioni del Codice del Consumo, e aveva inviato lettere di moral suasion agli influencer e ai titolari dei marchi utilizzati dagli stessi per ricordare che la pubblicità deve essere chiaramente riconoscibile in quanto tale. “Il divieto di pubblicità occulta – specifica un comunicato stampa dell’Authority – ha portata generale e deve, dunque, essere applicato anche alle comunicazioni diffuse tramite i social network, non potendo gli influencer lasciar credere al pubblico dei follower di agire in modo spontaneo e disinteressato se, in realtà, stanno promuovendo un brand”.
A seguito di queste azioni, si legge sempre nella nota ufficiale, “gli influencer hanno recepito le indicazioni dell’autorità, facendo un uso più intenso di avvertenze circa la presenza di contenuti pubblicitari nei post pubblicati sul proprio profilo Instagram, quali #ADV o #advertising, #pubblicità oppure, nel caso di fornitura del bene da parte del brand ancorché a titolo gratuito, #prodottofornitoda”.
“In altri casi, gli influencer hanno scelto di rimuovere gli elementi grafici idonei a esprimere un effetto pubblicitario, quali le etichette (tag) apposte su un’immagine che rinviano al profilo Instagram del brand. Infine, le società titolari dei marchi hanno dato evidenza di aver introdotto, anche contrattualmente, procedure volte a indurre gli influencer a rendere maggiormente trasparenti, sui loro profili personali, i legami commerciali con il marchio”.