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Firenze capitale della pelle

Firenze capitale della pelle

Di Giulia Sciola
11 Settembre 2018

Leather valley. Quando la stampa straniera usa questa espressione, la geografia è piuttosto precisa: si inquadra, infatti, il distretto fiorentino della pelletteria, un’area che, nell’ultimo anno, ha registrato un nuovo boom di investimenti e dove a farla da padrone sono i marchi del lusso europeo. Questi ultimi scelgono la Toscana per aprire nuove manifatture oppure rilevano fornitori storici, pronti a gestire direttamente la loro produzione d’eccellenza. Nel 2017 l’export del distretto fiorentino della pelletteria di lusso ha segnato un +15% a 2,5 miliardi di euro. L’area, rivela Cna Firenze, conta 4.761 imprese di settore e, secondo la Filctem Cgil, più o meno 15mila addetti. Il cuore del distretto è Scandicci, ormai il polo mondiale del lusso pellettiero, dove le manifatture più qualificate confezionano borse, piccola pelletteria, valigie e calzature.

DISTRETTO AL CENTRO DELLE STRATEGIE
Agli inizi di luglio, Richemont ha annunciato che concentrerà a Firenze gran parte dello sviluppo industriale e della produzione di borse, portafogli, cinture e valigeria delle sue controllate moda. I marchi interessati sono Cartier, Dunhill, Serapian, Purdey e Alaïa, oltre alla ricerca e sviluppo materiali della maison Chloé. Determinanti, nella nuova strategia, sono state le “buone pratiche acquisite nello stabilimento Montblanc (anch’esso brand della holding svizzera) di Scandicci, aperto nel 2007, e l’alta qualità dei prodotti. Lo stabilimento di Scandicci, in quest’ottica, ha già cambiato nome da Pelletteria Montblanc a Pelletteria Richemont. Gli investimenti sul made in Italy saranno nell’ordine di 15-25 milioni di euro. Il gruppo guidato da Johann Rupert è solo l’ultimo colosso, in ordine di tempo, a scegliere Firenze come capitale della pelle. Tra i marchi dell’alto di gamma che hanno investito sulla pelletteria toscana ci sono infatti Céline (con la manifattura di Radda in Chianti), Fendi (che ha comprato una ex fornace a Bagno a Ripoli per creare una fabbrica di borse) e Lvmh (con un centro per lo sviluppo del campionario a Reggello).

I SUPER HUB DI GUCCI E PRADA
Lo scorso aprile, inoltre, Gucci ha inaugurato un nuovo stabilimento per leather goods e calzature a Scandicci. L’ArtLab, questo il nome del nuovo polo, è un centro da 37mila metri quadrati e 800 dipendenti. L’investimento risponde alla crescita della domanda di prodotti Gucci. Lo scorso giugno è stata invece la volta di Prada che ha tagliato il nastro alla nuova sede industriale di Valvigna, in provincia di Arezzo, su una superficie di oltre 32mila metri quadrati. La nuova fabbrica ospiterà la produzione e lo sviluppo delle collezioni di pelletteria di Prada e Miu Miu, i magazzini per le materie prime, gli archivi storici delle collezioni di pelletteria e calzature, gli uffici dei servizi generali e amministrativi industriali, un auditorium, locali tecnici e il centro di elaborazione dati del gruppo guidato da Patrizio Bertelli. L’investimento, spiega Reuters, è stato pari a circa 70 milioni di euro. “Produrre in Italia oggi è un valore aggiunto – ha spiegato a Pambianco Magazine Annarita Pilotti, presidente di Assocalzaturifici -. Considerando la politica di reshoring attuata dalla Francia è positivo che il lavoro rimanga in Italia. Le stesse maestranze ne trarranno giovamento”.

BURBERRY COMPRA IL SUO FORNITORE
Diverso il caso di Burberry, che si è insediata in forze nel distretto pellettiero di Scandicci acquisendo uno dei suoi principali contoterzisti. Si tratta dell’azienda CF&P dell’imprenditrice Carmen Paroni, con cui la maison britannica vanta una collaborazione decennale e i cui 170 dipendenti saranno assunti direttamente da Burberry entro la fine dell’anno. “Obiettivo dell’acquisizione – secondo quanto comunicato dall’AD della griffe Marco Gobbetti al quotidiano La Nazione – sarà la nascità di un centro di eccellenza per gli accessori in pelle Burberry, con l’area prototipi, quella di innovazione del prodotto, design e sviluppo che permetterà di avere un controllo migliore sulla qualità, su costi, spedizioni e sostenibilità del prodotto”. L’operazione prevede l’acquisizione dell’insediamento produttivo di via delle Fonti, di oltre 4.500 metri quadri, le attrezzature e l’inventario. Fuori dalla produzione degli accessori Burberry, la CF&P proseguirà la sua attività in un’altra sede.

SQUILIBRI DOMANDA-OFFERTA
La serie di operazioni alimenta la lenta scomparsa di medi e piccoli artigiani dal distretto, per lasciare il posto ai colossi del lusso che acquisiscono i principali terzisti per internazionalizzare le produzioni. “I grandi gruppi – ha raccontato a Pambianco Magazine Riccardo Braccialini, presidente di Aimpes e di Mipel – tornano a investire nella produzione perché è il cuore dell’industria. C’è il rischio di polarizzazione, ma fa parte del mercato. Non c’è il rischio che i piccoli produttori spariscano. Il problema è invece la manodopera: la domanda è in crescita costante e l’offerta non è sufficiente”. Abbiamo bisogno di scuole professionali che portino avanti un’esigenza del territorio”.

di Giulia Sciola

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