Richemont concentrerà a Firenze gran parte dello sviluppo industriale e della produzione di borse, portafogli, cinture e valigeria delle sue controllate moda, scommettendo sul made in Italy come già fanno i colossi francesi Kering e Lvmh. A dare la notizia è Il Sole 24 Ore, ricordando come i marchi interessati siano Cartier, Dunhill, Serapian, Purdey e Alaïa, oltre alla ricerca e sviluppo materiali della maison Chloé. Determinante, nell’elaborazione della nuova strategia, sarebbero state le “buone pratiche acquisite nello stabilimento Montblanc (anch’esso brand della holding svizzera) di Scandicci aperto nel 2007″ e l’alta qualità dei prodotti. Lo stabilimento di Scandicci, in quest’ottica, ha già cambiato nome da Pelletteria Montblanc a Pelletteria Richemont.
“Il business plan a cinque anni – si legge su Il Sole 24 Ore – prevede di passare dai 120 milioni di fatturato previsti quest’anno a 350 milioni nel 2023, raddoppiando i dipendenti, dagli attuali 110 a oltre 200. Al vaglio del gruppo ci sono tre soluzioni per arrivare a disporre di uno stabilimento più grande e più funzionale al progetto d’espansione, progetto che contempla anche lo sviluppo di categorie di prodotto nuove (già all’ultimo Pitti Uomo Montblanc ha presentato un trolley totalmente made in Italy). In ogni caso, gli investimenti sul made in Italy saranno rilevanti, nell’ordine di 15-25 milioni di euro a seconda della soluzione industriale che sarà scelta”.
Nel 2017 l’export del distretto fiorentino della pelletteria di lusso ha segnato un +15% a 2,5 miliardi di euro. Tra i marchi dell’alto di gamma che in questi anni hanno investito sulla pelletteria toscana ci sono Céline (con la manifattura di Radda in Chianti), Prada (con uno stabilimento a Scandicci e la nuova fabbrica-giardino di Valvigna), Fendi (che ha comprato una ex fornace a Bagno a Ripoli per creare una fabbrica di borse) e Lvmh (con un centro per lo sviluppo del campionario a Reggello). Oltre, naturalmente, a Gucci, che a Scandicci ha riunito nell’ArtLab la creazione di scarpe e pelletteria, e a Burberry che, sempre a Scandicci, ha recentemente acquisito un proprio fornitore con l’intento di stabilirsi direttamente nel distretto fiorentino.
“La pelletteria – ha spiegato al quotidiano economico Giacomo Cortesi, AD di Pelletteria Richemont – è diventata il terzo pilastro del gruppo dopo orologi e gioielli, e ora questa scelta industriale rafforzerà la posizione raggiunta, grazie al fatto di mettere a disposizione delle altre maison le best practice acquisite nell’area fiorentina”.
Richemont ha chiuso i 12 mesi al 31 marzo scorso con profitti per 1,2 miliardi di euro, in progressione dell’1%, e vendite per 10,9 miliardi di euro, a +3 per cento.