Per alzare i margini e ‘accontentare’ gli analisti, Canada Goose ha deciso di portare una quota maggiore della sua produzione in house. Il brand famoso per i suoi parka, infatti, ha raccolto lo scorso febbraio l’insoddisfazione degli analisti dopo i risultati del terzo trimestre, che, pur essendo positivi, hanno causato la prima vera frenata in Borsa. Il gelo sul mercato era legato alla poca ‘intraprendenza’ del brand canadese che aveva mantenuto il medesimo outlook per l’intero 2018, senza alzare l’asticella della crescita.
Con l’obiettivo adesso di definire standard più alti di performance, Canada Goose ha deciso di portare almeno la metà della sua produzione di capispalla all’interno dell’azienda nel giro di qualche anno. Lo riferisce Reuters, sottolineando che questa scelta dovrebbe avere una ricaduta positiva sui margini di profitto, perché si riduce la ‘supply chain’ e i costi a essa collegati, e anche perché il controllo interno sulla qualità potrebbe giustificare un eventuale rialzo dei prezzi.
Il business di Canada Goose passa soprattutto attraverso le vendite dirette. Sempre secondo quanto rivela l’agenzia di stampa, nel trimestre chiuso a dicembre il marchio outerwear ha avuto operating margin del 60% sull’e-commerce e sugli store di proprietà, mentre la percentuale scende al 43% sulla distribuzione wholesale. La crescita del brand di Toronto quindi passerà anche attraverso nuovi negozi a insegna: il primo è stato aperto nel 2016 ed entro il 2020 sono previsti 20 opening.
Tornando alla rilocalizzazione della produzione, anche altri marchi di outerwear di lusso hanno ridotto il numero di fornitori: Reuters fa riferimento a Moncler, precisando però che la maggior parte della sua produzione rimane in outsourcing, mentre Kering per Gucci sta cercando di portare gran parte della produzione di borse internamente, con la creazione di un nuovo stabilimento vicino a Firenze.