Una cena di gala al Palazzo dell’Eliseo per spingere sul côté industriale della moda francese. Ieri, in piena fashion week parigina, il Presidente francese Emmanuel Macron ha riunito le griffe più note, tra quelle in calendario nella Ville Lumière, facendosi promotore di una rilocalizzazione nel Paese dei loro apparati produttivi. Del resto, la moda francese ha superato l’incidenza sul Pil di comparti come l’industria aerea e quella automobilistica, e ha un fatturato annuale (se si considerano, oltre all’abbigliamento e alla pelletteria, anche gioielli, orologi, cosmetici e profumi) di 150 miliardi di euro. Bisogna capire quanto è effettivamente prodotto in Francia.
Perciò il Presidente della Repubblica francese, settimane dopo l’incontro con i più noti executives del settore a Versailles, ha confermato il suo programma “pro-business” attirando l’attenzione degli imprenditori. “Scegliete la Francia”, ha detto Macron ai principali produttori di moda. “Il mio desiderio più grosso – ha continuato – è che i creativi, che vengano dall’India, dal Giappone, dall’Africa, dagli Stati Uniti o dalla Cina, valutino la possibilità di produrre nel nostro Paese perché stiamo lavorando per rendere tutto questo più agevole per loro”.
Ad oggi la fashion week francese vanta il più alto grado di internazionalità rispetto alle sfilate di Milano e New York: nel calendario della Fédération de la Haute Couture et de la Mode le griffe straniere pesano infatti per il 50% (contro un 13% di griffe straniere in passerella a Milano, un 9% a New York e un 5% a Londra), mentre le fiere professionali riuniscono nella capitale 14mila espositori, più del 70% dei quali provenienti dall’estero. La fashion industry è un forte motore di crescita per il Paese e per la creazione di posti di lavoro, in un momento in cui il governo è impegnato ad abbassare i livelli di disoccupazione (oggi vicina al 9% in Francia, contro l’11,3% dell’Italia).