Nelle scorse settimane c’è stato un piccolo terremoto americano, la cui onda lunga non si fermerà all’America, perché si attendono gli effetti su tutto il sistema delle manifestazioni di moda. Lo stilista Alexander Wang ha annunciato che, dalla stagione primavera/estate 2018, abbandonerà la New York fashion week svelando le proprie collezioni a giugno e dicembre. Lo stilista anticiperà i tempi, dunque, e integrerà gli eventi con quelli finora dedicati alle pre-collezioni. Non è il primo spostamento di rilievo che prosciuga la settimana della moda americana. Ma, questa volta, il Cfda ha ufficializzato che la decisione apre lo stato di crisi: la mossa di Wang, ha spiegato il presidente della camera della moda statunitense Steven Kolb, non sarà l’ultima. Nella sostanza, ha fatto capire che ci si appresta a entrare nella fase in cui ognuno farà calendario a sé. New York, insomma, sembra segnare l’avamposto del cambiamento, e non è la prima volta. Già nel 2016 fu la Grande Mela che sdoganò ufficialmente il fenomeno del see now buy now, addirittura con la presentazione di un manuale per la gestione del nuovo fenomeno. New York paga una debolezza strutturale, rispetto alle altre capitali della moda, che la rende un vessillo più volubile alla direzione del vento. All’origine del “terremoto”, però, c’è un fattore la cui forza dirompente prescinde dall’identità dell’una o dell’altra fashion week: l’irruzione di Internet e dei social media nel consumare, vivere e fare moda. Come emerso anche nell’ultimo convegno Pambianco-Deutsche Bank, infatti, la forza dello scenario dominato dal web e dai social, è tale da condizionare la strategia dei brand, anche in quei passaggi (a monte) finora ritenuti impermeabili ai nuovi scenari. Ovvero, la pianificazione e la creazione del prodotto. Sotto questo profilo, è probabilmente un estremo quello raccontato da Giuseppe Zanotti (“io creo sulla base di ciò che vedo su Instagram”), ma è evidente che il tempo della produzione moda sia ormai scandito dalla continuità dei social. Insomma, ciò che sta avvenendo a New York, ossia la fuga dai calendari ufficiali e la scelta di procedere con propri tempi e spazi, è l’emergere di una crisi di identità derivante dalla distanza tra l’offerta di moda di ieri e la domanda di identità di oggi. Una crisi che necessariamente contagerà anche il resto del sistema, ossia le fashion week europee. Arriveranno, perciò, altre prese di posizioni innovative da parte delle griffe che, presumibilmente, tenteranno ognuna una propria strada. Essere capaci di anticipare e di dare un senso a questo caos in arrivo, rappresenterà una delle carte vincenti nel risiko futuro tra le capitali della moda.
David Pambianco