Tra gli anni Sessanta e Novanta, quando lo shopping online era fantascienza, Postalmarket riempiva la casella postale delle donne italiane. Nell’era del digitale, l’attività si è arresa al boom dell’e-commerce: il famoso catalogo per corrispondenza da cui si potevano scegliere (e poi ordinare) articoli di abbigliamento, elettrodomestici e giocattoli, è fallito.
Lo ha decretato il tribunale di Udine, sulla base dell’istanza presentata dall’amministratore straordinario del Gruppo Bernardi, società di abbigliamento che aveva rilevato Postalmarket nel 2003.
L’azienda, nata nel 1959 da un’idea dell’imprenditrice Anna Bonomi Bolchini, alla fine degli Ottanta contava 1.400 dipendenti, un fatturato pari a circa 600 miliardi di lire e 45mila spedizioni giornaliere. Tra i primi anni Novanta e fino agli inizi dei Duemila, Postalmarket aveva subito alcuni passaggi di mano. Prima, nel 1993, passava sotto il controllo del gruppo tedesco Otto Versand che ne mantenne la gestione fino al ’98. La società, già allora sull’orlo del fallimento, venne rilevata dal senatore Eugenio Filograna: l’obiettivo era quello di trasferire il business sul web. Poi è arrivata la vendita al Gruppo Bernardi che deteneva il 60% dell’azienda. Furono riassorbiti circa 150 dei 500 lavoratori e, dal 2004, Postalmarket è stata lo sponsor dell’Udinese calcio: il fatturato arrivò a circa 16 milioni di euro.
Il catalogo, dopo il fallimento decretato dal tribunale di Udine, sventola bandiera bianca segnando la fine di un’era che ha lasciato definitivamente il passo al boom dell’e-commerce.