Meno 1,2% il fatturato, -2,6% il numero di punti vendita in franchising in Italia e -0,5% il numero di addetti. La fotografia del settore nello scorso esercizio scattata dal Rapporto Assofranchising Italia 2014, presentata in occasione dell’assemblea pubblica che si è tenuta il 24 giugno a Bologna, ha fatto emergere un settore in sofferenza, penalizzato dalla crisi del mercato interno e con lo sguardo ora più rivolto verso l’estero. Oggi, risultano 941 le reti in franchising attive censite, di cui 845 italiane. Sono invece 67 i master di franchisor stranieri in Italia e 29 le reti straniere operanti in Italia con soli franchisee, ma sede legale in un altro Paese.
In calo anche i punti vendita italiani all’estero in franchising (-4,9%), i master di franchisor stranieri in Italia (-5,6%) e le reti straniere operanti in Italia con soli franchisee, ma sede legale in altro Paese (-14,7%). Diminuisce anche la dimensione media delle reti in Italia (-2,8%) e quella delle reti italiane all’estero (-9,8%). In controtendenza, invece, l’andamento delle reti italiane all’estero, cresciute del 5,4 per cento.
La maggiore concentrazione di punti vendita, 49.773 in tutto, si rileva nel Nordovest (con la Lombardia in testa), seguito dal Centro, da Sud e isole e dal Nordest. Quanto alle merceologie, il settore dei servizi è il più vitale e in testa alla classifica dei più diffusi (cresciuto del 12%). A distanza ci sono le voci relative all’altro commercio specializzato (+4%), al commercio alimentare specializzato e il commercio non specializzato (entrambi aumentati del 2%).
Assofranchising ha però cercato di allargare lo sguardo agli ultimi sei anni, che mostrano invece una sostanziale tenuta. Il fatturato è infatti cresciuto del 4,2% dal 2008 al 2014, attestandosi a quota 22,2 miliari di euro. E sebbene i punti vendita attivi siano diminuiti del 3,5% negli ultimi anni, il numero di addetti è cresciuto del 4,1% e i franchisor sono aumentati del 14,5%. Graziano Fiorelli, presidente di Assofranchising (oltre che di Mail Boxes Etc.), ha così evidenziato come questi ultimi dati segnino “la fine del lungo periodo di recessione e l’inizio di una ancor timida fase di sviluppo che, perché si consolidi, dovrà portare con sé, finalmente, una ripresa dei consumi”. Certo è che la penetrazione in Italia è ancora molto più bassa rispetto ad altri Paesi europei: il 7% contro il 14% della Germania e il 14,5% della Francia.