Mangiare una tartina di caviale oppure avere l’agenda libera da ogni impegno. Il concetto di lusso è relativo, e lo è diventato negli ultimi tempi. Questo il fatto da cui è partito lo studio di Saatchi&Saatchi, condotto in nove Paesi, dalla Cina all’Italia. “La nostra provocazione – spiega Giuseppe Caiazza, CEO di Saatchi&Saatchi Italia e Francia – ci conduce a dire che, oggi, è forse il mondo del lusso a poter trarre qualche elemento di ispirazione dai beni di largo consumo”, perché sono loro che da qualche anno sono stati capaci di creare un rapporto quotidiano e continuativo con i propri clienti, facilitato dalle tecnologie in continua evoluzione. “Non è quindi un caso – prosegue Caiazza – che oggi alla testa dei più importanti poli del luxury vengano chiamati manager con un’esperienza decennale nel settore dei premium brand”.
L’agenzia creativa, che tra i suoi clienti conta anche Lexus, Club Med, Calzedonia e Procter & Gamble, ha suggerito che il lusso stia attraversando un processo di democratizzazione, che lo rende sempre più trasversale, oltre che personalizzabile. In particolare, come spiega il global planning director di Saatchi&Saatchi Jane Cantelow, in questo processo di ‘scambio’ dal basso all’alto e viceversa, sono cinque le ‘regole’ del luxury che dovrebbero invertirsi.
In primo luogo, da esclusivo e ‘inaccessibile’, un marchio dovrebbe diventare inclusivo, e cioè coinvolgere il cliente con diverse iniziative ‘emozionali’. In secondo luogo, da legato alla tradizione, quindi concentrato sulla propria storia, il lusso dovrebbe aprirsi all’innovazione (ne è un esempio Amazon, che ha lanciato la spedizione tramite i droni). Il terzo punto indica il passaggio dalla distribuzione di tipo ‘one-off’, e cioè rigida e imposta dall’alto, a quella ‘one-to-one’, e cioè customizzata. Il quarto argomento è la trasformazione da marchio che parla solo di sé stesso a marchio capace di dialogare e creare relazioni. Infine, la comunicazione da seria dovrebbe diventare giocosa e divertire.