La 71esima edizione del cinema di Venezia premia il glamour hollywoodiano complici la presenza al Lido di Al Pacino, Uma Thurman e James Franco e molti altri divi e cineasti. Ma ritrae anche (e lo testimonia la selezione di film proposta qui di seguito) un’Italia autentica e dura che si interroga sul suo presente e guarda al futuro con energia e cinico realismo, affrontando i temi cruciali che attanagliano il nostro Paese: violenza, criminalità, liaison stato-mafia secondo il nuovo film di Sabina Guzzanti, e quindi provincialismo, ma anche bellezza e poesia. Non a caso uno dei giurati del festival sulla laguna è Carlo Verdone che “La grande bellezza “ di Paolo Sorrentino ha reso più che un’icona tricolore. Madrina del festival la radiosa Luisa Ranieri, e la star Sofia Loren si conferma ambasciatrice del nostro grande cinema, celebrata per la sua intatta bellezza.
4) The Humbling
I nostri ragazzi. Teso, crudo, diretto e sottile il film di Ivano De Matteo, tratto da “La cena” di Erman Koch attraverso la forza dei protagonisti, da Alessandro Gassmann a Luigi Lo Cascio, da Giovanna Mezzogiorno a Barbara Bobulova, analizza i risvolti psicologici dark di due famiglie romane alto borghesi e dei loro figli violenti ed egocentrici, tanto insicuri e psicotici quanto i decadenti genitori. I due ragazzi commettono un omicidio uccidendo a calci una senzatetto, ma sono fiduciosi di farla franca perché ‘di buona famiglia’ incensurati e privilegiati. Da qui esplode il conflitto, pieno di colpi di scena e molto inquietante, imprevedibile per il finale shock.
Il giovane favoloso. Grande prova per il titano Elio Germano protagonista dell’ultima pellicola in costume di Mario Martone che già aveva fatto centro con “Noi credevamo” sul Risorgimento italiano. Il biopic di Giacomo Leopardi in cui svetta Anna Mouglalis, non ha nulla di didascalico, ma mette in luce lo spirito moderno e innovatore del poeta di Recanati e del suo talento ribelle, spregiudicato e coraggioso che nonostante la deformità fisica e il pessimismo non si piange addosso. Piuttosto, come dice il regista, “è sensibile alle gabbie che l’ipocrisia sociale gli erge intorno e polemizza con i salotti letterari della sua epoca”. Da vedere.
Senza nessuna pietà. Suspense, tensione, violenza, ma anche amore e passione. Un altro film ambientato a Roma esalta la corporeità di un gigante del nuovo cinema italiano, Pierfrancesco Favino, interprete di Mimmo, che al recupero crediti preferirebbe il mestiere di muratore. Diretto magistralmente da Michele Alhaique che ha preparato il film per 3 anni, e affiancato dall’attrice Greta Scarano, sensuale e sanguigna, Favino dà il meglio di sé in un thriller di spessore dominato dalla solitudine e dal desiderio di evasione di due anime perse. La comparsa della bella Tanya nella vita di Mimmo ribalterà le sorti del protagonista, deciso a lottare con tutte le sue forze contro un infausto destino. Impressionante.
The Humbling. Un attore in crisi, Simon Axler, ormai giunto al capolinea della sua lunga e brillante carriera, tenta il suicidio. L’attore in questione è interpretato da Al Pacino e diretto magnificamente da Barry Levinson (premio Oscar per ‘Rain Man’) in una storia tratta da un romanzo di Philip Roth, la quarta trasposta sullo schermo del noto scrittore alla quale Pacino ha confessato di sentirsi più che vicino. Barry Levinson riesce indubbiamente a conferire leggerezza alla storia di Roth. Nel film Axler intreccia un’insolita relazione con un’insegnante lesbica, Pegeen (Greta Gerwig), ritratta come ‘l’angelo oscuro di Simon’. “Ho rappresentato la lotta dell’individuo a dover regolare la sua vita. Non credo si possa sempre farlo – commenta Levinson – quello che si vuole fare è un film e specificarlo in esso. Ma alla fine della giornata, deve risuonare in modo più ampio”.
The sound and the fury. James Franco torna sul grande schermo come regista e attore in un film in costume che racconta l’inesorabile declino di una famiglia dell’aristocrazia dell’America degli Stati del Sud, i Compsons, ispirandosi al romanzo di William Faulkner. Franco interpreta Benji, il fratello portatore di handicap che fa da contraltare all’ambizione di Jason (Jacob Loeb) e alla melanconia di Quentin (Scott Haze). Il film, articolato in più capitoli, analizza nell’arco di tre decadi “la relazione fra il tempo, la memoria e la storia”. Come spiega il poliedrico regista, ”la densa complessità della prosa di Faulkner ci ha spinto a cercare nuove soluzioni nella struttura narrativa ed è quello che abbiamo cercato di fare”.