Milano, ore sette e venti. Come ogni mattina Francesca, nel suo appartamento, si sveglia e fa colazione: caffelatte, spremuta e qualche biscotto. Si prepara, s’incammina e prima delle nove è in ufficio. Alle nove, Francesca è in piedi da meno di due ore e sa già con precisione quante ore, minuti e secondi ha dormito, e, addirittura, ‘come’ ha dormito (mannaggia, il telefono l’ha svegliata proprio quando stava per entrare in fase Rem!). Inoltre, conosce quante calorie ha ingerito, e anche quante ne ha bruciate camminando. Come? È tutto scritto sul polso.
Mentre a Baselworld, la più importante fiera internazionale per gioielli e orologi, lo scorso aprile, aleggiava l’ombra del tanto atteso lancio degli smartwatch, che vede in campo colossi come Apple e Google a fare concorrenza all’orologeria tradizionale, la strada per la conquista tecnologica dei polsi era già aperta da tempo. Ad assicurarsi un posto negli avanbracci sono stati i braccialetti ‘smart’, interconnessi tramite sensori con smartphone, tablet o computer, con funzioni da pc in miniatura o per migliorare il lifestyle misurando le condizioni di salute, il consumo di calorie, l’umore, e molto altro. Secondo una ricerca della società di analisi Canalys, se nella seconda metà del 2013 sono stati spediti 1,7 milioni di bracciali con sensori, quest’anno saranno spediti oltre 17 milioni di unità, che saliranno a 23 milioni nel 2015 e oltre 45 milioni entro il 2017. Numeri da capogiro, insomma, che fanno ancor più impressione in valore: per Bcc Research, infatti, il mercato della tecnologia indossabile sorpasserà i 30 miliardi di dollari entro il 2018.
Questi bracciali intelligenti sono raggruppabili in due tipologie. Quelli ‘basic’, meno costosi e con funzioni di base legate allo sport e alla salute, e quelli davvero ‘smart’, veri e propri computer da polso, con prezzi più alti. Nella prima tipologia, sempre secondo Canalys, il leader con una quota di mercato del 58% è Fitbit con i suoi modelli Flex e Force che, con un centinaio di euro, accompagnano la vita quotidiana misurando ore di sonno, attività fisica, calorie bruciate e così via, e trasmettono i dati allo smartphone o tablet. Seguono i simili Up di Jawbone (21%), e Fuelband di Nike (14% del mercato), mentre altri modelli come miCoach di Adidas, Runner di Tom Tom, Vivofit di Garmin e Moov, il personal trainer da polso, si spartiscono il resto del mercato.
Il colosso coreano Samsung, con i bracciali Gear 2 e Gear Fit, domina invece nella seconda categoria con una quota del 54%, seguito da Sony (19%). Quest’ultima al Ces (Consumer Electronic Show) di Las Vegas ha presentato SmartBand, in grado di monitorare attività fisica, sonno e parametri vitali, ma anche canzoni ascoltate, programmi tv seguiti, e attività sui social network, registrando tutto in un’app. Al terzo posto (16% del mercato) c’è Pebble, uno smartwatch con funzioni basilari, ma efficace e apprezzato. A questa lista se ne potrebbero aggiungere molti altri, come il TalkBand B1 di Huawei, un auricolare bluetooth nascosto in un bracciale che risponde anche alle chiamate, Lifeband della coreana Lg che misura anche il battito cardiaco o il Pie-Personal Interactive Experience, creazione italiana (del fiorentino Lorenzo Albi, classe ’88) in grado persino di effettuare pagamenti, scambiare informazioni e contenuti e integrato coi social network.
Un mercato nascente, quindi, in cui le vie di sviluppo sembrano infinite. Non solo per i player della tecnologia, ma anche per il fashion. Nel frattempo, l’attesa è tutta per l’iWatch di Apple, regina nel creare prodotti che uniscano innovazione e design.