Bianchi puri, arancioni papaia, blu metallici: sono alcune delle tonalità del prossimo futuro identificate ed emerse nell’incontro organizzato da color coloris italian insight. è possibile, con un’attenta analisi, indagare il colore che verrà e le sue influenze nella moda, nel tessile, ma anche nell’architettura e nel food design.
Il colore è prevedibile? Secondo Color Coloris Italian Color Insight, sì. Proprio sul tema della possibilità di anticipare le tendenze del colore e sulle sue applicazioni e influenze in vari settori, dal tessile alla moda, dall’architettura al food design, si è incentrato ‘Dialogare con il colore’, evento organizzato dall’omonima associazione italiana presieduta da Vittorio Giomo e parte del network internazionale Intercolor. L’incontro, patrocinato da Camera Moda, Comune di Milano, Politecnico di Design e Fondazione Triennale e con la media partnership di Mood, ha riunito oltre 200 persone alla Triennale di Milano lo scorso novembre.
MODA A COLORI
Indovinare il colore della prossima stagione, si sa, è imperativo per ogni fashion addicted. Ma lo è ancor più, e con diverse stagioni di anticipo, per le aziende della moda e soprattutto del tessile. Per questi esperti di tendenze, prevedere il colore è una vera e propria scienza, più che profezia. “Il colore ha un ruolo chiave nella nostra progettazione creativa – ha raccontato al convegno Laura Lusuardi, fashion director di Max Mara Group -. Si parte sempre da due capisaldi, l’ispirazione e il colore”. L’archivio del gruppo di Reggio Emilia racchiude 40 anni di nuance e tessuti diversi. “I colori per ogni stagione – ha proseguito la Lusuardi – sono scelti in base a tessuti, tenendo conto dei diversi colori pelle in oltre 100 Paesi, poi le forme cambiano a seconda delle tendenze”. Ad esempio, per il capo icona di Max Mara, il cappotto color cammello, si è scelto un tono ‘timeless’ e di facile abbinamento, in fibre naturali. Nel tessile la questione si fa ancor più complessa. “Occorre non solo analizzare e prevedere ma anche produrre con grande anticipo i fliati e i loro colori – ha sottolineato Carla Bordini Bollandi, creative e product director di Zegna Baruffa -, e lo stock service diventa essenziale, con 7mila varianti colore/articolo per servire 2.300 clienti”. Ma la moda è anche in formato ‘mini’, e spesso per i più piccoli l’amore per un capo nasce non tanto dalla griffe, quanto proprio dai toni dell’arcobaleno che vi rivede. Come ha affermato Imelde Bronzieri, alla guida del marchio di kidswear Mimisol, “il primo atto di libertà di un bimbo è la scelta del colore che desidera”.
UNO STRUMENTO SOCIALE
L’idea di fondo di Color Coloris è che il colore, legato alle diverse culture, sensibilità, stili di vita, giochi un ruolo vitale nell’esistenza umana e si affermi sempre più come strumento di comunicazione, motore nelle scelte del consumatore, segnale sociale e politico. Un colore può anche cambiare il volto di una città, o di un suo elemento. È tuttora in corso il progetto ‘Un colore per Milano”, voluto dal Comune nell’ambito del restyling e del rilancio di Milano, volto a cercare una tonalità per il futuro logo della città. Il valore sociale del colore emerge da iniziative come quelle portate ad esempio da Massimo Caiazzo, color consultant e vicepresidente Iacc. Caiazzo ha riqualificato il carcere di Bollate attraverso l’uso del colore e rifatto il look agli autobus di Verona nei colori della città, il giallo e l’azzurro. Risultato? Nel primo anno il vandalismo sui bus è calato del 20 per cento. Anche i toni del focolare domestico sono molto importanti, come ha osservato Wanda Jelmini, creative director di T&J Vestor (Missoni Home): “Per l’arredo di case private prevalgono colori ‘sicuri’ mentre per progetti come hotel e contract si possono sperimentare situazioni abitative temporanee e quindi giocare su colori più eclettici”. Infine, un accenno al mondo del food, affrontato all’incontro con l’aiuto di Paolo Barichella. Secondo il food designer il cibo oggi torna a colori naturali. Emblematico il caso del gelato al pistacchio, un tempo verde acceso, oggi quasi senza colore grazie all’influenza del bio e dello slow food.
Di Vittoria Pinto