Dicono che le vendite dei prodotti di marca, sia nel largo consumo sia nella moda, stiano reggendo all'urto del calo degli acquisti. A dirlo, alcune ricerche di settore. Secondo Centromarca, infatti, le quote di mercato dei prodotti di marca nel segmento grocery stanno viaggiando intorno al 75%, mentre quelle commerciali (le private label) hanno chiuso il 2008 con una quota ferma al 14,5%, nulla in confronto al 45% della Gran Bretagna, il 32% della Spagna e il 30% della Germania.
E la marca, in base a un'indagine condotta da Ferragamo con l'Università di Firenze, figura al primo posto tra le motivazioni d'acquisto dei consumatori di moda. Dunque, crisi a parte, e con le dovute eccezioni, le vendite reggono. Lo testimonia Michele Norsa, amministratore delegato della maison fiorentina: «II 2008 si è chiuso con un fatturato in piccola crescita rispetto all'anno precedente, spinto anche dal cambio favorevole con il dollaro. E nel gennaio di quest'anno abbiamo avuto risultati superiori alle attese. Sicuramente stiamo risentendo dell'influenza dei saldi, perché sempre di più il consumatore punta su un buon rapporto qualità prezzo».
Il problema non sono le vendite, ma la bassa marginalità. In questo momento caratterizzato da una forte attenzione ai prezzi da parte del consumatore c'è una forte promozionalità. Un dato per tutti: in base a una ricerca Eurisko, il 65 % dei consumatori acquista prodotti di marca, ma solo se in promozione.
«In questa situazione, non potendo rinunciare a investimenti in ricerca e sviluppo, fondamentali per non perdere quote di mercato, le aziende preferiscono lavorare sullo snellimento delle strutture e sull'efficienza dei costi» aggiunge Norsa.
Da qui le grandi manovre di ristrutturazione, anche tra le griffe internazionali: da Chanel, che ha dichiarato 200 esuberi a Tiffany (800).
«In Italia le imprese reagiscono più lentamente alla crisi» commenta Norsa. «E anche i processi di riorganizzazione industriale sono meno impattanti rispetto a quelli messi a segno all'estero, quindi meno visibili. Ma una cosa è certa: il 2009 non sarà facile e tutti si aspettano un leggero calo del fatturato». Che Mario Boselli, presidente della Camera della Moda, attesta intorno al 5%.
«Alcune aziende si stanno già preparando ad accusare il colpo» interviene Carlo Pambianco, consulente per le strategie nel settore moda. «Con una particolare attenzione alla riduzione dei costi, specie quelli legati a viaggi, pubblicità, diversificazione, apertura di nuovi negozi, ma non sembrano intenzionate a tagliare personale, come ha fatto Bulgari malgrado il calo del fatturato». Del resto, fa notare Pambianco, in Usa dove c'è meno artigianalità, per le aziende è facile snellire la struttura. Ma il made in Italy non se lo può permettere.
Estratto da Economy dell'11/02/09 a cura di Pambianconews