Guardando ai dati di bilancio del primo trimestre 2008 delle aziende quotate della moda c'è di che essere ottimisti, nonostante l'incerto scenario economico mondiale.
Il segnale arriva dall'ultima analisi di Pambianco Strategie di Impresa, condotta su un campione di 12 aziende del settore abbigliamento, accessori e gioielli: Aeffe, Benetton, Bulgari, Burani, Csp (che controlla molti marchi di calzetteria), Geox, It Holding, Luxottica, Marcolin, Safilo, Stefanel e Tod's.
Il fatturato del periodo gennaio-marzo è salito del 5,1% rispetto al primo trimestre del 2007, passando da 3,441 miliardi a 3,618: le aziende cresciute di più sono Geox (+15,8%), Luxottica (+7,6%) e Tod's (+7,4%).
Quanto alla redditività, anche l'Ebitda indica la buona salute del comparto moda, nonostante i timori legati soprattutto all'andamento del mercato americano: l'indicatore che misura l'utile di un'azienda prima di interessi, tasse, componenti straordinarie, svalutazioni e ammortamenti esprime al meglio il reale risultato del business dell'azienda, e nel primo trimestre è rimasto sostanzialmente stabile.
Lo studio Pambianco trova conferma nei dati provenienti dalle altre Borse: le trimestrali dei gruppi della moda e del lusso stranieri smentiscono i timori di fatturati e utili in calo. I ricavi delle cinque aziende considerate (Burberry, Hermes, Escada, Hugo Boss e Lvmh) sono cresciuti del 5,6% rispetto al primo trimestre del 2007, passando da 5,147 miliardi di euro a 5,436.
Dell'immediato futuro del comparto moda si è appena occupato anche Financial Times, che giovedì scorso ha presentato un confronto tra l'attuale incertezza, legata alla crisi finanziaria innescata dai mutui subprime, e il periodo post n settembre: dopo l'attentato terroristico, secondo un'analisi Lehman Brothers, gli utili delle aziende del settore – quotate e non – scesero del 25%. Ma la situazione oggi è molto diversa e per questo la maggior parte delle aziende è ottimista, da Lvmh a Ralph Lauren a Tiffany, che con i risultati trimestrali resi noti venerdì 30 maggio ha battuto di 10 centesimi le stime di utile per azione fatte da Thomson Financial. La differenza tra oggi e il 2001 la fanno soprattutto i mercati emergenti, perché i ricchi clienti di Dubai, Mosca o Shanghai sembrano immuni a qualsiasi credit crunch.
Estratto da: Il Sole 24 Ore del 03/06/2008, a cura di Pambianconews