Nel tormentone sul lusso (esclusivo? accessibile? stile di vita?) che investe il made in Italy della moda, Armani va controcorrente e spiazza i concorrenti. E mentre la gran parte delle maison per far fronte alla minaccia del Dragone asiatico e delle sue produzioni a basso costo, punta in alto, re Giorgio pensa anche ai giovani, alle loro tasche e alla necessità di una moda più «veloce».
Rafforzando A/X Armani Exchange, il marchio metropolitano lanciato nel 1991 che dovrebbe decollare anche grazie all'apertura dei due nuovi flagship store, uno al 240 di Regent Street, la via dello shopping londinese, l'altro a Tokyo, a Park Way Square, nel distretto di Shibuya, per «diventare nei prossimi anni uno dei marchi di moda giovane più forti del mondo» ha commentato il fondatore di un impero che conta su un giro d'affari di 1,6 miliardi di euro (2006) in una recente intervista.
Per salvaguardare margini e proteggere il prestigio del made in Italy, una griffe come Versace ha virato sull'esclusività del lusso «inaccessibile», tagliando una dopo l'altra le linee più casual e diversificando in hotel, arredamento ma anche jet privati e yacht.
Re Giorgio, no. Secondo il Financial Times, la strategia di Armani è completamente diversa e punta a soddisfare tutte le fasce del mercato. Con cinque brand ben distinti, a seconda dei gusti e dei portafogli. Ma, si domanda il quotidiano inglese, come fa la stessa compagnia a vendere l'intimo per giovani americani e giapponesi e abiti da sera per il jet set senza senza sminuire il suo prestigio? Con una «grande disciplina» risponde John Hooks, vice amministratore delegato del gruppo. Diversificando in tutto e per tutto: cinque marchi diversi e cinque approcci differenti, dal design dei negozi, alla logistica, dalla pubblicità alla distribuzione, dagli accessori alle confezioni. E continuando a sostenere attraverso marketing e promozione Giorgio Armani ed Emporio Armani.
Estratto da Corriere della Sera del 14/03/08 a cura di Pambianconews