Gli Emirati Arabi Uniti (Eau), vale a dire soprattutto Abu Dhabi e Dubai (meno di centomila chilometri quadrati in mezzo al deserto) sono diventati, nel giro di una manciata di anni, crocevia della grande finanza internazionale. Un Paese che si è inserito anche nel risiko Borse europee ed è al centro, da non molti mesi, delle attenzioni dei grandi gruppi economici e finanziari italiani.
Quale è il segreto di questa metamorfosi? Uno sfruttamento intelligente e lungimirante della principale risorsa del Paese: il petrolio. Come spiega Paolo Dionisi, da poco più di un anno ambasciatore italiano negli Emirati.
«Gli Emirati occupano il quinto posto al mondo per riserve di petrolio e gas naturale, mantengono la crescita annua del pil costantemente sopra il 7%, hanno oltre 800 miliardi di dollari americani di investimenti all'estero», esordisce Dionisi, «ma lo sviluppo non riguarda solo l'economia, bensì tutto il vivere civile».
Nell'arco di una generazione, prosegue, «questa popolazione di origine beduina si è adeguata, senza traumi, al passaggio dal cammello all'aereo a due piani, dalla tribù a una società multiculturale che si mantiene stabile nonostante il fatto che oltre l'80% dei residenti sia straniero. Le famiglie regnanti dei sette Emirati godono di grande popolarità e consenso da parte della popolazione locale, per aver saputo gestire le crescenti ricchezze».
La grande apertura inoltre verso le altre componenti etniche e il rispetto delle minoranze religiose non musulmane (le autorità finanziano la costruzione di chiese cristiane e luoghi di culto di altre religioni) «hanno favorito il perfetto inserimento della comunità straniera residente nella società emiratina e annullato ogni motivo di tensione».
Fino a poco tempo fa «il ruolo dell'Italia risultava sbiadito», dice Dionisi, poi il clima è cambiato. «La visita del presidente del Consiglio Prodi prevista a fine novembre, la prima nei trentacinque anni di rapporti bilaterali, suscita negli Emirati Arabi notevoli aspettative, perché suggellerà un rapporto strategico coltivato dalle autorità locali con i principali alleati: Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia.
In che cosa si concretizza questo nuovo corso dei rapporti bilaterali? «A livello multilaterale, gli Emirati hanno sostenuto tutte le candidature italiane in seno alle Organizzazioni internazionali e anche appoggiato la candidatura di Milano per l'Esposizione universale del 2015».
Nell'ultimo anno si è registrata una consistente crescita dei contratti assegnati a imprese italiane negli Emirati rispetto ai sei anni precedenti: le commesse acquisite dal secondo semestre del
Segnali positivi di una inversione di tendenza sono registrati anche nel settore degli investimenti emiratini in Italia, commenta Dionisi. «La holding pubblica di Abu Dhabi, Mubadala, ha acquisito partecipazioni azionarie in Ferrari auto, Piaggio aero industries e Poltrona Frau;
Estratto da Il Mondo del 9/11/07 a cura di Pambianconews