“Vade retro moda italiana”, tuonava, poco più di una settimana fa, dalle sue colonne il New York Times. Il giornalista iconoclasta puntava il dito: voi stilisti italiani vestite delle “strappone”, per usare un eufemismo. Non che la moda italiana non sia criticabile, ma sembrano esserci diversi errori di valutazione.
Attacca così il pamphlet accusatorio: «nessuno in Italia guida nella corsia di sorpasso», a voler dire che non si cresce, al contrario, spiega, dei cinesi, indiani e francesi. Premessa: non bisogna mischiare economie emergenti e consolidate. Il confronto si gioca tra simili. L'unico competitor all'altezza del lusso italiano è la Francia, rispetto alla quale non va così male. Bastano pochi dati. I primi quindici gruppi del lusso italiano si lasciano alle spalle un buon biennio: nel 2005, con un fatturato di 14,6 miliardi di euro, sono cresciuti del 17 per cento e nel 2006 sono arrivati a 16, 2 miliardi di euro con un +11,2 per cento. Non male come crescita. Se prendiamo Hermes e Lvmh che insieme raggiungono un fatturato simile a quello degli italiani presi in esame, vediamo che nel 2005, con un fatturato di 15,3 miliardi di euro sono cresciuti del 9,9 e nel 2006, con 16,8 miliardi di euro hanno registrato un +9,7 (stime Pambianco).
L'articolista inveisce, dopo qualche riga sulla creatività italiana. Sentenzia: le uniche sfilate che valga la pena vedere a Milano sono quelle di Bottega Veneta, Jil Sander, Prada, Gucci e «forse, concede, Marni». Basta chiedere proprio ai buyer americani chi vengono a vedere a Milano. Ecco alcuni esempi tra i tanti: Armani, Versace, Ferrè, Dolce & Gabbana, Fendi, Cavalli, Missoni, Blumarine, Anna Molinari, importantissimi proprio nel mercato americano. Alberta Ferretti, Moschino, Etro.
Il New York Times spiega che l´Italia fa produrre le merci di alta gamma in Cina e India. Ma l´Italia rimane il bacino produttivo più importante nel lusso a livello internazionale. Basti dire che i francesi fanno produrre qui il 70-80 per cento di scarpe e borsette.
E per finire: «Goodbay raffinatezza italiana». Rincara la dose «tutti gli stilisti italiani fanno una moda da veline!». Lo stile velina, nel suo piccolo, appartiene a tutto il mondo. Ma perfino i grandi magazzini del lusso americano smentiscono la tesi dell´articolo: da Saks Fifht Avenue, tempio dell´eleganza americana, in occasione di una recente premiazione a Milano, hanno detto che 22 su 29 marchi tra i più venduti nei loro numerosi negozi americani sono italiani o fatti completamente in Italia. Cronaca più recente: la passerella degli Oscar a Hollywood. Il settimanale americano People ha stilato per l´occasione una classifica delle meglio vestite. In pole position: Penelope Cruz in Versace, Kate Blanchett in Armani, Cameron Diaz e Kate Winslet in Valentino. L´Oscar della moda lo ha vinto l´Italia.
Estratto da Affari & Finanza del 5/03/07 a cura di Pambianconews