Stefanel è pronta per entrare a far parte del “fashion world”. E' quanto ha affermanto Giuseppe Stefanel (nella foto) che prosegue dicendo “scordatevi la vecchia Stefanel, il brand di massa, target e prezzi bassi. Tre anni di lavoro dietro le quinte su prodotto, stile, negozi e ora la rivoluzione del marchio può essere annunciata: Abbiamo riposizionato il gruppo.
Un gran salto. E un azzardo.
«Pericoloso, dice? Secondo me no. Tre anni fa, quando ho deciso di tornare a tempo pieno in azienda, l'ho fatto perché il gruppo aveva bisogno di essere rivoltato. Fatta l'analisi di quel che non funzionava, la diagnosi è stata: non puoi andare sulle fasce basse di prodotto. Perché hai già perso».
Non è ancora più complicato scalare il mondo delle griffe?
«Lo spazio c'è. È chiaro che non puntiamo al luxury brand. Ma, intanto, il mondo della moda è più trasversale. Si compra il tailleur di Armani e insieme la t-shirt di Zara. In mezzo, lo spazio per Stefanel c'era anche prima. Oggi lo allarghiamo. Posizionandoci più in alto».
Anche nei prezzi?
«Non più di tanto. Certo alcuni capi avranno prezzi che rifletteranno la maggiore ricercatezza, ma cercheremo di restare su una media di 70-80 euro. La sfida è questa».
E come quadra il cerchio?
«Con i volumi, mi auguro. E poi, il riposizionamento non inizia adesso. Tre anni fa, quando abbiamo deciso il salto nel fashion, non partivamo proprio dal basso. Già allora eravamo passati dalle due collezioni per stagione dei primi tempi a quattro collezioni-base. Che diventavano alla fine sedici. Il salto è cominciato da li. Concentrandoci su tre priorità. La prima è persino ovvia: se vuoi una griffe, non devi copiare, devi “fare stile”, avere un prodotto non solo di qualità ma anche ben identificabile. La seconda viene di conseguenza: abbiamo lavorato su un team creativo. La terza è il punto vendita: abbiamo cominciato a razionalizzare, a scegliere le posizioni più adatte, a modificare gli ambienti. Provi a passare dal nuovo negozio di corso Buenos Aires, qui a Milano: già dall'esterno avrà un'immagine completamente diversa».
Che ora dovrete comunicare.
«E questa è l'ultima fase della strategia. Brand e comunicazione. Devo dire che, della “rivoluzione”, il consumatore ha già cominciato ad accorgersi. Soprattutto nei nuovi negozi, il cliente che entra oggi è diverso da quello di ieri: ha una maggiore disponibilità di spesa e compra più prodotti. Però è chiaro che non basta. L'upgrade del marchio va reso esplicito. Nei prossimi tre anni investiremo almeno 30 milioni. Cominciamo adesso da testate come Vogue, Elle, Vanity Fair, Flair. E con modelle e fotografi altrettanto top».
L'obiettivo è comunque quello di «parlare» a tutti i mercati.
«E infatti il riposizionamento è partito anche nella distribuzione. Punti vendita nuovi, più boutique che negozio. In tutto il mondo. L'anno scorso abbiamo aperto 60 nuovi store e siamo entrati in Giappone. Ma c'è ancora l'Est. Ho appena visto un potenziale partner russo: vorrebbe cominciare con due negozi a Mosca, per poi arrivare ad aprirne 30. E sviluppiamo i Paesi arabi».
Estratto da Corriere della Sera del 26/04/06 a cura di Pambianconews