Quali aziende sarebbero perplesse per l'introduzione del marchio made in Italy?', si chiede Luigi Rossi, presidente di Cna Federmoda. ´Quelle che sul territorio italiano hanno le produzioni, lo studio e la filiera o quelle che importano illegalmente dalla Cina aggirando le quote stabilite dall'Unione europea, falsificando l'indicazione d'origine, contraffacendo i marchi d'alta moda oppure non cucendo su abiti e maglie l'etichetta con la composizione?'.
Quattro le accuse mosse a diverse aziende, tutte concentrate nel distretto pratese. ´Per cominciare si tratta di 6.211 pezzi tra cui articoli di abbigliamento da uomo, donna e bambino, rei di fallace indicazione di origine', dice Rossi, ´prevalentemente fabbricati in Cina, ma anche in Turchia, pezzi che avevano tutti la dicitura made in Italy'. La seconda infrazione consiste nella violazione delle quote stabilite dall'Unione europea nei riguardi della Cina, che ha portato al sequestro di 2.959 pantaloni. Infine, ben 1.121 capi, privi di etichettatura, sono stati introdotti illegalmente in Italia dalla Cina.
Nonostante le importazioni sul tessile dalla Cina siano bloccate, in base agli accordi con l'Ue, continuano ad esserci ingressi di merci, aggirando i divieti e violando gli accordi presi. ´Le quote pattuite per il 2005', insiste Rossi, ´sono già state sforate ma per sbloccare le merci ferme ai confini si è già utilizzata una parte di quelle del 2006. Dovremmo aspettarci che per il prossimo anno la possibilità di importare magliette, maglioni, pantaloni, abiti e giacche uomo donna bambino dalla Cina sarà molto limitata rispetto ai livelli raggiunti negli anni scorsi. Ma non sarà così: nella pratica tutti sanno che i divieti di importazione sono aggirabili e le tecniche usate vanno dalle truffe vere e proprie alle triangolazioni con paesi terzi'.
Estratto da ItaliaOggi del 2/11/05 a cura di Pambianconews