La libertà d'espressione è tutelata negli Usa dal Primo emendamento. Dunque anche ad Anna Wintour – grazie al cielo – è garantito di potere esprimere dalle colonne di Vogue gli stilisti per i quali il futuro si presenta radioso. L'ormai celebre lista dei magnifici sette che tanto ha fatto adirare gli esclusi italiani: tutti, tranne Miuccia Prada. Stranamente, però, nessuno ha ancora afferrato che nella short list wintouriana creatività non fa rima con profitto. A parte la solita Miuccia: nel primo semestre del 2005, l'Ebitda dei marchi Prada e Miu Miu è cresciuto del 23% a 97 milioni di euro.
E gli altri? Partiamo dalle certezze: Nicolas Ghesquière, designer di uno dei marchi più chic di sempre, Balenciaga. Rispondono dalla controllante Gucci Group: «Balenciaga, insieme con Alexander McQueen e Stella McCartney, deve raggiungere il breakeven nel 2007». Sempre la Gucci, ora posseduta dalla francese Ppr, controlla Yves Saint Laurent, il cui direttore creativo, Stefano Pilati, è stato inserito nei magnifici sette: «Ysl sta andando bene. Sul raggiungimento del pareggio non ci sbilanciamo. L'amministratore delegato Polet ha già detto che in passato non sono state mantenute le comunicazioni al mercato relative al turnaround».
Più difficile risalire ai conti degli altri stilisti. Alber Elbaz è al vertice stilistico di Lanvin, di cui l'Oréal si è liberata nel 2001 (riportato soltanto il fatturato 2000 di 50 milioni di euro e altri 26 milioni di fragranze): la nuova proprietaria è la regina dei media taiwanesi Shaw-Lan Wang, supporter del Centre Pompidou. La Narciso Rodriguez, posseduta dallo stesso stilista, va considerata una start-up, mentre su Rochas, disegnato da Olivier Theyskens, è buio totale. E Marc Jacobs? Il divino ha un contratto con Louis Vuitton talmente favoloso che poco importa se il marchio che porta il suo nome ha la bottom line in nero o in rosso.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 27/09/05 a cura di Pambianconews