Timberland, Avirex, le calzature Barbie, i giubbotti Blauer. Come sostiene il neo direttore commerciale di Timberland Italia, Marco Messini, «è il nostro Paese a fare testo. Non si può essere leader mondiali se non lo si è qui». Totalmente italiano, per genesi, è il successo di Avirex, marchio Usa sino a quattro anni fa prodotto su licenza dalla Ateca di Bologna sinché il presidente dell'azienda, Alfredo Cionti, ha deciso di comprarlo. Un ciclo naturale, visto che Avirex è quel che è grazie a un gruppo di italiani. «Esiste ancora la Avirex Usa, a New York, spiega il manager, ma segue un filone stilistico diverso, legato al fenomeno hip hop».
Totalmente italiana è altresì la genesi delle scarpe Barbie, un progetto escogitato ex novo da Gabriele Grandini, ex compratore per Rinascente e Upim, poi manager di aziende di abbigliamento e calzature fino all'idea, maturata nell'81, di chiedere a Mattel la licenza produttiva e distributiva per il marchio Barbie. Facendo, con la sua società Siport, calzature per bambini che risultano tra i marchi più venduti in Europa e in Medio Oriente. Oltre quattro milioni di paia l'anno per un valore di mercato di 90 milioni di euro. Prova ne è che Fila Sport, di recente acquisita dal fondo americano Cerberus, ha mantenuto la centrale creativa delle calzature a Montebelluna, in Veneto.
Un ultimo esempio, molto significativo, della capacità nazionale di creare fenomeni di mercato arriva da Enzo Fusco e dalla sua collezione di giubbotti, la Blauer, creata sulla base dell'omonima linea americana indossata dai poliziotti Usa. «Sono andato dalla famiglia Blauer, ho spiegato il progetto e ho ottenuto di utilizzare il marchio, arrivando a 14 milioni di fatturato in tre inverni, spiega Fusco, a capo della Fgf di Montegalda (Vicenza), che produce, tra le altre cose, anche il marchio Sweet Years. Ora, il nostro obiettivo, sarebbe di vendere i giubbotti Blauer anche in America».
Estratto da CorrierEconomia del 31/01/05 a cura di Pambianconews