Per Santo Versace la firma dell'accordo di ieri è un successo. Non solo in quanto è presidente del marchio di famiglia e fondatore di Altagamma, l'associazione che riunisce le aziende d'eccellenza del made in Italy, ma anche perché l'alleanza Italia-Francia è un suo cavallo di battaglia.
Due rivali storiche: quando hanno cominciato a parlarsi?
«Nel 1998 ero presidente della Camera della Moda e abbiamo iniziato i contatti con il presidente francese Grunbach. I motivi sono nelle cifre: le nostre esportazioni unite formano la maggioranza del mercato mondiale. È stato logico pensare di ragionare insieme in termini europei, anche per avere un'influenza positiva su Bruxelles. Poi ho passato il testimone a Mario Boselli, e oggi l'accordo è fatto».
E l'obbligatorietà del marchio d'origine, il cosiddetto “made in”?
«È fondamentale per la correttezza. Il cliente deve sapere che cosa compra: poi deciderà».
Ma marchi come Versace, identificabili a prima vista, che bisogno ne hanno?
«Parliamoci chiaro. La Cina non spaventa certo Versace o Armani, e nemmeno Hermès o Chanel. Ma bisogna difendere il sistema; che in Italia vuol dire 700mila posti di lavoro, tanto più che qui vengono realizzati anche molti articoli di griffe francesi. La moda italiana si è sempre fatta carico di dare un'immagine positiva del Paese e di trascinarne l'economia. E così farà anche questa volta».
Estratto da Il Giornale del 18/01/05 a cura di Pambianconews