Se non è una mission impossible, poco ci manca. Robert Polet, presidente e ceo di Gucci, sta cercando disperatamente di liberarsi dell'ombra di Domenico De Sole, uscito dal gruppo nell'aprile 2004. Ma per riuscirci dovrà, ovviamente, ripercorrere i fasti del periodo di reggenza del manager italiano e dello stilista Tom Ford, durante il quale il gruppo Gucci (controllato al 100% dai francesi di Ppr, Pinault-Printemps Redoute, che fa capo a François Pinault) dal 1999 ha più che raddoppiato i propri ricavi (da 1,2 a 2,6 miliardi di euro).
Tuttavia il nuovo piano industriale, appena presentato al British museum di Londra, è apparso nello stesso tempo ambizioso e non privo di crepe, come dimostra la reazione a caldo sui titoli Ppr. I dubbi sull'operatività del modello, sottolineati da numerosi analisti, vengono innanzitutto dal fatto che si cercherà di invertire completamente la strategia seguita da De Sole sin dalla fine degli anni Novanta, in base alla quale si doveva mantenere il pieno controllo di tutti i dieci fashion brand inseriti nel portafoglio.
In sostanza, il marchio Gucci tornerà a essere il fulcro del piano strategico, evitando così quelle distrazioni del management verso gli altri brand, che Polet nelle sue dichiarazioni ha velatamente attribuito al predecessore. Il piano industriale, poi, prevede un arco temporale di sette anni per portare al raddoppio il fatturato del marchio Gucci, che da solo già oggi rappresenta il 60% del fatturato complessivo e porta nelle casse del gruppo 1,5 miliardi di euro. Il margine lordo dovrà crescere nientemeno che del 70% e gli investimenti in marketing e comunicazione del 20%. L'obiettivo complessivo, invece, prevede una crescita media annuale dei ricavi (cagr) del 10% con un ebit complessivo che dovrà aumentare più velocemente dei ricavi.
Estratto da Il Mondo del 6/01/05 a cura di Pambianconews