Un consuntivo per il 2003
Anche nel 2003 il settore dell'abbigliamento Junior ha mostrato un'evoluzione produttiva più favorevole di quella che ha interessato il settore abbigliamento-maglieria-calzetteria nel suo complesso.
L'incrocio fra le informazioni relative al mercato finale italiano (di fonte Ac Nielsen) e quelle estratte dalle indagini congiunturali (in questo comparto è infatti possibile attingere, solo in parte, ai dati Istat di commercio estero, in quanto nella classificazione NACE è possibile isolare solo il comparto del neonato, mentre i prodotti di abbigliamento per ragazzo vengono ricompresi negli aggregati relativi agli adulti), ci consegnano infatti un quadro settoriale con una produzione ancora in leggera crescita (+1,5%) a poco meno di 1,9 miliardi.
Tale risultato si è reso possibile grazie a un contributo solo leggermente negativo proveniente dagli scambi con l'estero e a un impulso ancora debolmente espansivo della domanda interna.
In base alle indagini congiunturali lo scorso anno si è caratterizzato per una sostanziale stabilizzazione del fatturato estero del settore, su livelli (586 milioni) pari a circa il 31% delle vendite totali. Come anticipato, dai dati di commercio estero ufficiali è possibile isolare solo la parte di esportazioni relativa al settore neonato che rappresenta il 27% circa delle vendite estere totali.
In questo micro-comparto le modificazioni più rilevanti nella geografia dei mercati esteri (che in totale hanno perso il 7% circa) fanno riferimento ai sensibili recuperi dei mercati statunitenesi (+19,6%) e giapponese (+14,5%) e al vero e proprio boom che ha interessato i flussi diretti in Ucraina (+162%). In ambito UE, invece, con l'eccezione della Spagna, tutti i restanti maggiori mercati hanno evidenziato flessioni a due cifre.
Sul fronte delle importazioni si è invece assistito a un leggero ridimensionamento dei flussi in valore (-2,1%). Nel sotto-comparto dell'abbigliamento per neonati, a fronte di una sostanziale stabilità nei flussi totali, si evidenzia comunque un netto incremento delle importazioni dalla Cina: +16,4% l'incremento del valore delle merci importate. Il fenomeno più vistoso ha comunque riguardato i quantitativi (qui disponibili solo in tonnellate) che segnalano un incremento degli acquisti italiani dal colosso asiatico prossimo al 92%: nel 2003 quasi i 2/3 dei prodotti per bebè importati sono risultati di provenienza cinese. Il dato complessivo di importazioni stazionarie nei valori ma in netta crescita nei quantitativi rilevato nei dati Istat per il segmento neonato può essere sicuramente esteso al comparto nel suo complesso. Quello dello junior apparel è infatti stato uno dei segmenti dell'abbigliamento in cui la "guerra dei prezzi" dei produttori cinesi ha assunto le dimensioni più vistose. Il saldo commerciale in valore, tuttavia, grazie a esportazioni stabili e al leggero rientro delle importazioni, ha evidenziato qualche miglioramento ma si è comunque confermato negativo per 244 milioni. In termini di consumi finali, quello dell'abbigliamento Junior è uno dei settori più "erratici" nel panorama complessivo dell'abbigliamento, in quanto caratterizzato da un ruolo molto importante dei cosiddetti acquisti d'impulso che possono far cambiare di segno, in poche settimane, all'evoluzione complessiva dei consumi in una particolare stagione di vendita.
Pur in presenza di questi tratti di imprevedibilità, anche gli acquisti delle famiglie italiane per questo capitolo di spesa hanno registrato, nelle ultime stagioni risultati deludenti. A consuntivo 2003 si evidenziano incrementi di spesa limitati a 0,3 punti percentuali sia per il segmento "bambino" che per quello "bambina", mentre il sell-out del "neonato" ha ottenuto risultati leggermente più soddisfacenti (+0,7%). A livello di prodotto nel segmento bambina si segnalano come best seller le calze (+2,6%) e i prodotti di camiceria (+3,1%), mentre all'estremo opposto si sono collocati l'abbigliamento in pelle (-6,6%) e lo sportswear (-3,6%).
Pur in un contesto di sostanziale stazionarietà dei consumi finali delle famiglie italiane, il posizionamento relativo dei vari canali retail ha subìto rilevanti modifiche nel corso del 2003. Il sell-out complessivo del dettaglio indipendente italiano di fascia media è risultato in lieve calo, mentre nei negozi di fascia alta l'andamento complessivo delle vendite è risultato in linea con il mercato. Nel 2003 non si è quindi assistito ad un ridimensionamento della quota complessiva del canale (38%) che risulta già nettamente inferiore rispetto alla media che caratterizza l'abbigliamento-maglieria-calzetteria nel suo complesso. I risultati migliori, in termini di canalizzazione dei prodotti verso i consumatori finali, sono stati ottenuti, lo scorso anno, dalle catene monomarca/franchising che in questo mercato hanno raggiunto ormai una chiara posizione di leadership. Gli incrementi di sell-out del canale sono risultati prossimi al 10%. Le catene hanno nettamente "vinto" la competizione con la grande distribuzione organizzata che, nei dati a valore, ha perso terreno in tutti i segmenti di mercato.
E' tuttavia opportuno sottolineare, per una corretta lettura dei fenomeni in atto, che l'analisi sopra riportata fa riferimento ai dati in valore e che nel panel Ac Nielsen non si tiene conto degli acquisti degli stranieri residenti in Italia. Infatti, se si analizzassero gli acquisti in numero capi e si potesse tener conto degli acquisti degli stranieri (che presentano tassi di natalità nettamente superiori rispetto alle famiglie italiane), il posizionamento relativo della grande distribuzione organizzata (sia in termini di performance che di peso relativo a livello retail) risulterebbe sicuramente più rilevante.
Le previsioni per il 2004
Le informazioni congiunturali più recenti mostrano ancora residui segnali di debolezza anche se si intravede qualche timido spunto di recupero.
Dal lato della domanda i primi quattro mesi del 2004 hanno evidenziato un andamento ancora piuttosto deludente dei consumi delle famiglie italiane (+0,8% la crescita della spesa a prezzi correnti, -1,4% i quantitativi acquistati), con risultati analoghi sia nell'abbigliamento per bambina (+0,7% in valore e -1,3% in quantità), sia nel comparto bambino (+0,8% in valore e -1,6% in quantità), sia nell'abbigliamento neonato (in crescita del +1,3% in valore, ma in flessione del -1,4% in quantità), solitamente il comparto più vivace e positivo.
Sul fronte del commercio estero le informazioni raccolte presso le aziende tramite l'indagine congiunturale di SMI (necessarie per integrare le informazioni Istat sui flussi di trade relativi al comparto bebè), fotografano un quadro complessivo delle vendite estere ancora in contrazione (-1,8% nel primo trimestre di quest'anno), ma in progressivo assestamento. Tale processo di stabilizzazione dovrebbe essersi completato nel secondo trimestre di quest'anno, ma solo grazie alla ripresa delle vendite estere che hanno compensato per l'andamento ancora deludente del sell-in domestico.
E' importante segnalare come a consuntivo dell'ultima stagione invernale 2003-2004 i dati di sell-out (+1,3% nella spesa, -1,3% nei volumi) abbiano ricalcato molto fedelmente i risultati del sell-in raccolti, in precedenza, con le indagini campionarie. Nell'ultima stagione non si sono quindi accumulate scorte eccessive lungo la filiera, un dato sicuramente confortante in vista delle prossime stagioni di consumo. Inoltre, stante la buona capacità predittiva del futuro andamento dei consumi finali ascrivibile ai dati di sell-in, gli incrementi superiori al 3% (a spesa costante) stimati dalle aziende per la prossima stagione invernale 2004-2005 lasciano intravedere la possibilità di recuperi già nel corso del 2004, per i consumi finali.
Rispetto a questo scenario permangono tuttavia numerose incognite legate a possibili ulteriori incrementi nelle importazioni di prodotti cinesi.
Per sfuggire alla concorrenza di prezzo delle produzioni basic (ma non solo) dei paesi emergenti, anche in questo comparto dell'abbigliamento, la strategia "obbligata" per le aziende italiane passa quindi attraverso il costante rafforzamento dei vantaggi non-price dell'offerta made in Italy: continua innovazione stilistica, velocità di consegna, riassortimenti continui in stagione, sono infatti le principali leve competitive su cui l'industria dell'abbigliamento junior italiana (circa 2000 aziende per complessivi 30 mila addetti) può contare per confermarsi leader nelle produzioni di fascia media e medio-alta.