Che in questi ultimi mesi i consumi della moda diano segnali di ripresa viene confermato da via Borgonuovo 18, a Milano. Dal quartier generale del gruppo Armani fanno sapere che le vendite in questa seconda metà dell'anno sono più dinamiche rispetto a quelle della prima parte del 2003. I primi sei mesi si sono chiusi per il gruppo con una crescita dei ricavi consolidati dell'1,5%, a tassi di cambio costanti, mentre con l'effetto cambio sono scesi a -5% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente che aveva registrato un fatturato consolidato di 653 milioni di euro. Commentano: «Siamo soddisfatti di
questi risultati soprattutto pensando a tutto quello che è successo nei primi mesi del 2003. Comunque, da settembre il clima migliorato. Le vendite stanno andando meglio soprattutto in Giappone, ma anche negli Stati Uniti. Stimiamo che per fine anno i risultati possano migliorare rispetto a questi primi dati parziali. Anche i primi nove mesi sono più positivi, rispetto ai primi sei, sia in termini di vendite wholesale che di vendite dirette. Risultati che daremo il prossimo 4 dicembre».
Buoni segnali arrivano dal mercato americano. «I department store si stanno riprendendo, spiegano. Un esempio è lo shop in shop Giorgio Armani che, all'interno di Bergdorf Goodman, sulla Quinta Strada, in questa stagione registra un +35% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso». Insomma è ritornato l'ottimismo rispetto al mercato a stelle e strisce che rappresenta il primo paese per il gruppo in quanto a vendite wholesale con il 34% sul totale. Negli Usa la griffe italiana è presente con tutte le linee, dalla Giorgio Armani Black Label, la top line, ad Armani Collezioni, dall'Emporio Armani all'Armani Exchange che, con 45 negozi su strada, nei primi dieci mesi dell'anno ha realizzato il 12% in più rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso.
«Dal punto di vista geografico abbiamo ancora molte potenzialità inespresse. Per esempio in Giappone dove adesso realizziamo solo il 7% dei nostri ricavi e nei nuovi mercati come Russia, Brasile e Argentina. Mentre in Cina entro i prossimi cinque anni è prevista l'apertura di una trentina di negozi, di cui uno importante a Shangai la prossima primavera».
Estratto da Affari & Finanza del 10/11/03 a cura di Pambianconews