«Quel che adoro degli italiani? La capacità di rimettersi in discussione. Sempre. E la fantasia nell'inventare il #'nuovo'' Una forza che desidero segnalare agli amici americani pronti o intenzionati a investire nel nostro Paese». Anche Giorgio Armani ha saputo rimettersi in discussione. Già all'apice del successo, una manciata di anni fa, avrebbe potuto vendere l'azienda che porta il suo nome gonfia di profitti e di liquidità, al colosso mondiale del lusso Lvmh, oppure al gruppo Gucci o ad altri pretendenti ancora. Tutti in fila davanti al quartier generale di via Borgonuovo per convincere #'king George'' a cedere lo scettro in cambio di un congruo assegno. Invece lo stilista ha fatto il contrario: scegliendo la strada dell'integrazione verticale, dalla produzione al retail, attraverso l'acquisizione di aziende specializzate.
«Il vocabolo che meglio definisce noi italiani, aggiunge lo stilista piacentino, è creatività: e non lo dico soltanto riferendomi alle invenzioni nel design e nella moda, dagli abiti agli accessori, oppure nella nuova cucina italiana, espressione di una cultura alimentare originale e di qualità. Si tratta di una creatività personalizzata e diffusa, che investe l'intero processo industriale, saldando il progetto con il prodotto: declinata anche nell'organizzazione d'impresa e nei processi aziendali».
Fantasia da utilizzare anche nelle strategie di diversificazione dei mezzi di comunicazione rispetto a quelli più tradizionali. Non a caso il 9 settembre, proprio in America, Armani ha ricevuto, in una sfarzosa cerimonia a Beverly Hills, il premio Rodeo Drive Walk of Style, per il contributo dato al mondo dell'entertainment. Celebrato da stelle del calibro di Harrison Ford, Dustin Hoffman, Sophia Loren e Jodie Foster, per essere stato «il primo stilista a comprendere l'importanza dello star system e la sua immensa influenza sulla moda». «In Italia, conclude lo stilista, sappiamo usare la testa, anche su un codice già scritto. Il processo è collettivo e non ha eguali: è il nostro segreto, nasce dal carattere nazionale. è saper produrre qualcosa di unico, qualcosa che vale in tutto il mondo».
Estratto da Il Sole 24 Ore del 24/09/03 a cura di Pambianconews