Dopo due anni di crescita, con fatturato a livelli record, frena l'industria conciaria italiana. Il comparto, forte di 2.400 imprese che danno lavoro a circa 30mila addetti, prevede di chiudere il 2002 con un giro di affari complessivo a quota 6.200 milioni di euro. Un risultato in flessione rispetto agli oltre 6.600 milioni raggiunti lo scorso anno (-6%). «I mercati sono deboli, la domanda è fiacca, commenta Salvatore Mercogliano ,direttoredell'Unic, l'Unione nazionale dell'industria conciaria, e amministratore delegato di Lineapelle. La ripresa che attendevamo per la fine dell'anno in corso non si è vista».
Mercogliano parla a Bologna in occasione dell'inaugurazione di Lineapelle, il salone internazionale del settore conciario (pelli, accessori, componenti per calzature, arredamento, abbigliamento), in corso nel quartiere fieristico del capoluogo emiliano. L'iniziativa si svolge su un'area espositiva di 51mila metri quadrati con 1.532 espositori provenienti da 50 diversi Paesi.
Complessivamente nel 2002 la quota export dell'industria conciaria italiana ha raggiunto circa il 66%, in crescita rispetto al 60,6% del 1999. Circa un terzo dei prodotti venduti in Paesi stranieri è destinato all'area dell'Estremo Oriente. Mentre il comparto nel suo complesso manifesta segnali di rallentamento, vi sono nicchie produttive che continuano la fase espansiva. Si tratta in particolare delle pelli destinate a prodotti di gamma alta. è il caso ad esempio degli interni per auto di grossa cilindrata, con incrementi anche del 50% per il marchio Jaguar. Analogo discorso vale per le scarpe di lusso.